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il catilinario 11

CAPITOLO III


Del cominciamento di Roma e del suo accrescimento buono.


La città di Roma, siccome io ho inteso e trovato, rondarono e ebbono al cominciamento uomini trojani, li quali erano scampati della distruzione di Troja, e erano venuti errando per mare a diversi luoghi, a guidamento1 d’un principe trojano, ch’avea nome Enea (a)2. Eziandio furon con loro altre genti di poco affare3, uomini villani, quasi selvaggi, senza alcuno ordinamento o legge e senza alcuno signore, liberi in tutto. Questi Trojani e questa altra gente, che detta è, poiché in una città s’adunarono, essendo di diseguale generazione e di dissimigliante lingua, ed avendo altri e diversi costumi, non si potrebbe quasi ben credere come tosto s’accordarono e moltiplicarono. Ma, poichè i lor fatti per cittadini, per costumi e possessioni parve ch’andassono innanzi, e che crescessono assai, e assai si manifestassono4; della loro ricchezza nacque invidia, la quale molti aveano verso loro, siccome spasso avviene a chi ha delle cose mondane5. E per questa cagione i signori e le genti de’ confini cominciarono a muovere lor guerra; e di loro amici erano pochi, che loro facessono ajutorio6: perocchè gli altri per paura si ritraevano e si cessavauo, non volendosi mettere a pericolo per loro. Ma gli Romani7 nella città e nell’oste presono attesamente


    più correttamente: ma di simili scorsi non è raro trovar negli antichi.

  1. a guidamento) Guidamento è voce antica da non usare,o da adoperar con molto riguardo; ed oggi sarebbe meglio dire a guida. Nella Vita di G. Cristo si legge: I magi vennono a guida della stella.
  2. (Questi furono i primi fattori e abitatori di Roma). Abbiamo cacciato queste parole qui a piè di pag. tra parentesi, essendo del tutto intruse nel testo: simili alle altre messe pur tra parentesi, e sparse una e là nel libro.
  3. Il testo latino ha: cumque his aborigines, genus hominum agreste, sine legibus ... Intorno a questi aborigini sarebbe lungo riferire le svariate opinioni degli scrittori antichi e moderni. La più ragionevole ci sembra quella: che aborigines sia nome appellativo e proprio, e che lignifichi coloro, che ab origine abitarono l’Italia; altresì come gli Ateniesi si dicevano αἱτοχθονες.
  4. e assai si manifestassono) Questo particolare manca nel latino, che qui ha solo satis prospera satisque pollens videbatur. Noi pensiamo, aver così tradotto il buon frate, però che forse il testo ond’ei traduceva qui leggea satisque patens.
  5. siccome spesso avviene a chi ha delle cose mondane) Non vogliamo tacere che in questo luogo il traduttore ha preso un granchio a secco; dappoichè il testo legge: sicuti pleraque mortalium habentur: le quali parole significano letteralmente: siccome sono la più parte delle cose degli uomini; o: siccome avviene della più parte delle umane cose.
  6. che loro facessono ajutorio) Ajutorio, o adjutorio, è voce antica da non usare, ed è lo stesso che ajuto.
  7. ma gli Romani) Gli scrittori del trecento usavano di dare l’articolo lo ad ogni sorta di nomi al singolare, cioè sì a quelli che cominciavano da vocale, e sì a quelli che cominciavano per consonante, ancorachè non avessero in principio una s seguita da altra consonante; ed al plurale usavano allo stesso modo l’articolo li e gli, come vedesi in questo luogo: ma oggi non si ha a far così, che sarebbe affettazione. Onde ora si dee adoperare l’articolo lo solo quando è aggiunto a nome che comincia da s impura, o da vocale; ma, quando il nome comincia da vocale, in luogo di scrivere e profferire lo uomo, lo imperfetto, o lo ’mperfetto, come pure facevano gli antichi, si ha a toglier l'o, ed aggiungere l’apostrofo alla l: ed al plurale, invece di li, si dee in questi due casi adoperare gli, cioè quando il nome comincia da s impura e da vocale; e con tutti gli altri nomi, l’articolo il per il singolare, i per il plurale.