mendata: e chi la Maestruzza, e chi la Pisanella l’addimanda. La quale l’Oudino spezialmente dice essere di tanta eccellenza, ch’ei la crede opera necessaria a chiunque voglia o la sua, o l’altrui coscienza dirittamente regolare; e forte si maraviglia che il P. Auximano osasse di prendere ad ampliarla. Nè deesi tacere a sua singolare commendazione che da questa egregia opera, come da prima scaturigine, rampollarono molti nobili trattati di Teologia di chiari autori, i quali, come eglino medesimi affermano, molto trassero da essa nel comporre quei loro libri; ed in ispezialtà molto si pregia di essersene giovato il p. Angelo da Calavria nel condurre la sua Somma Angelica, così detta dal suo nome, e per errore da alcuni creduta di s. Tommaso. Ei vacò altresì alle scienze profane; e il suo compendio della Morale Filosofia, il trattato delle Virtù e de’ Vizii, e la sposizione della Logica e della Metafisica di Aristotele, lo fecero venir in voce di sommo filosofo. E tra si fatte opere vuoisi annoverare pur quella sua celebratissima, che porta il titolo di Ammaestramenti degli Antichi: perocchè anche in questo libro le virtù e i vizii discorre, e, ordinatili in quattro diversi trattati, va come ape cogliendo dagli scrittori sacri e profani le sentenze ed i luoghi più accomodati a mostrare la laidezza e le funeste conseguenze del vizio, e la sincera bellezza della virtù, e il soave frutto che da essa s’ingenera. A’ quali luoghi e sentenze di antichi scrittori, va egli a quando a quando frammettendo degl’insegnamenti suoi proprii, che non meno de’ primi fan prova. Il qual libro egli compilò in latino: e di poi, richiestone da un messer Geri degli Spini, valente uomo ed onorevol cittadino di Firenze, traslatò in volgare; ed in tal guisa, che il Salviati ebbe a dire che in esso si vede sparsa per tutto maravigliosamente la brevità, la chiarezza, la vaghezza e la purità della lingua del trecento: ed inoltre si duole che sia piccolo volume, chè altramente sarebbe gran ventura del nostro idioma. Ma non si appagò di questa parte solo della filosofia: chè fu anche molto intendente di matematica e di astronomia, come ne fanno fede varii suoi trattati, che si conservano scritti a mano, e infra gli altri una Tabula ad inveniendum Pascha. E, perchè di niuna mancasse delle scienze, comechè grandemente occupato negli studii più severi, e già uomo di tempo, volle eziandio apparar musica; donde alcune volte, stanco delle profonde meditazioni, traeva conforto ed innocente diletto. Chè egli ben sapeva che questo nobilissimo trovato della mente umana era stato sempre avuto in grande stima da’ savii uomini di tutte le età; che i Greci, maestri di ogni maniera di sapere e di gentilezza, molto la musica coltivarono; e che Socrate, il savissimo degli uomini, fatto già vecchio, pur volle impararla. Nella storia studiò ancora con grande diligenza ed amore, avvisando di doverne trarre utili documenti. Dappoichè, narrando essa gli avvenimenti di tutt’i tempi, e così i fatti de’ grandi principi e famosi capitani, come le opere egregie e le scelleratezze e gli errori de’ privati uomini, ci sprona a virtù, ci fa abborrire il vizio, e c’insegna saviezza e prudenza: onde Cicerone la chiamò fiaccola di verità e maestra della vita; e Dionigi d’Alicarnasso disse, la storia essere la filosofia per esempli. Però tanto egli s’internò in questo studio, e ne divenne sì pratico, che senza soccorso d’altrui molto discretamente ordinò i Glossatori della Divina Scrittura: e di poi dettò le Croniche del Monastero di Santa Caterina di Pisa, che ivi si conservano tutt’ora. Le quali due opere sono lodate a cielo da tutti gli scrittori che parlano di questo valente uomo; e la seconda spezialmente ci ha conservato molte importanti notizie