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prefazione xxxv

deesi la diversità delle loro òpere, tantò egli è vero che gli scrittori da’ costumi e modi del loro secolo s informano, onde in Omero lo stile è semplice, vero, e tocca talvolta il sublime; elegante, fiorito in Virgilio, ma del sublime senza esempio, non altrimenti che in Dante voi ravvisate Omero, nel Petrarca Virgilio, ma nè Omero nè Dante possono imitarsi, e di Virgilio e del Petrarca infiniti sono gì imitatori. Avvegnaché la setta oggidì che appellasi volgarmente romantica, abbonendo ogni vecchia servitù, e datasi a ringiovanire le lettere, ha confinato nelle anticaglie la povera prole di Mnemosine, nè altro segue che ’l suo genio: sotto il qual nome non so se Tifone o Arimano vogliasi intendere, certo è che di questo vocabolo suonano e versi, ora sciolti, ora in nuove guise rimati, e prose dispettose e spezzate, secondo che il genio spira liberamente; non rimanendo antichi se non pochi seguaci dell’età che ci ha jtreceduti di fresco, la quale pur ella, facendo passaggio dal secolo di Augusto a quello di Nerone e di Domiziano, più di Lucano che di Virgilio (vedi simiglianza di costumi!), e più di Tacito che di Livio dilettavasi. Quindi gli scrittori, di mano in mano, della maniera affettala invaghiti, tanto vis’invescarono, ohe agevol cosa fu, travalicando ogni precetto, venire alle presenti condizioni dello scrivere: nelle quali oggimai vagando confusamente gl’ingegni, e cercando ove pure fermarsi, forz’è al postutto che le perdute orme ritrovino. Ma non è del mio proposito intorno a ciò sermonare. solamente, perchè abbiam toccato degl imitatori, piacemi qui un altro disimil fatta esempio aggiugnere. dico dell’Ariosto e del Tasso. Il primo, tuttoché delle greche e latine lettere dotto, non si propose ad esemplare nel suo divino poema Omero, ma volle seguitare la favola del Bojardo: e per la varietà della natura, del valore e delle azioni de’ suoi guerrieri, ch’erano pur quelli de’moderni tempi eroici, fu un nuovo Omero per noi. e così, troppo indulgente accostumi del suo secolo, non avess’egli contaminata la sua opera di alcune scurrilità e narrazioni sconvenevoli alla maestà dell’epopeja! de’ quali difetti ninno nel suo predecessóre si nota: il quale, se avesse avuto più copia di lingua e artificio di poetare, io non dubito di affermare che all’Innamorato non avrebbe tolto il pregio del primo luogo il Furioso: chè le battaglie di Albracca non sono meno omeriche di quelle combattute sotto Parigi. Non pertanto, se il Berni nel porvi la sua mano, anzi che inframmettervi delle sue piacevolezze, avesse inteso nella lingua a pulirlo dandogli maggiore forza e dignità, oggi l’Orlando innamorato sarebbe ricerco e letto al pari che il furioso. Ora, facendoci d’altra parte a considerare la Gerusalemme liberata, troveremo come il Tasso, messosi troppo servilmente sulle peste omeriche, vi cammina, disuguale al suo modello, chè quel