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prefazione xxiii

magistero e l’agevolezza colla quale l’autore dà principio e s’introduce a trattar la sua materia, ed il bel garbo e la naturalezza con che al suo ragionamento ci pon fine. E si ha pure a procedere in questa guisa, e ad usar la medesima diligenza, per rispetto all’elocuzione, la quale è l’altra parte dell’arte dello scrivere non meno dell’invenzione difficile, e che molto studio richiede in chi l’impara, e gran pratica, sommo discernimento, e finissimo gusto in chi l’insegna. Il perchè mi par necessaria ed util cosa l’avvertire i maestri, i quali di corto si posero a far quest’ufficio, che in correggere i lavori de’ loro discepoli non debbano essere più solleciti della purezza de’ vocaboli e delle frasi, che della proprietà e convenienza di esse col subjetto e la materia del lavoro, e con la forma e lo stile che a quello dar si volle. Conciossiachè le dizioni e le parole che ben convengono ad una novella faceta, mal si adattano ad una pietosa, e i modi di dire accomodati al dialogo familiare sono disdicevoli ad un grave ragionamento, i motti ed i frizzi proprii della commedia spiacciono e fanno afa in un’orazione; e chi facesse parlare Epaminonda, o il Ferrucci, colle parole che il Boccaccio pone in bocca a frate Cipolla ed a Calandrino, si chiarirebbe uomo al tutto disennato. Sicchè si vuol far bene intendere agli studianti che non basta che i vocaboli e le frasi sieno pure ed usate da puri ed approvati scrittori, ma che è mestieri ancora che sieno proprie ed acconce a significare i concetti che si ha ad esprimere, ed a significarsi in quella guisa che propriamente conviene alla generazion di scrittura che si vuol comporre. Ed alla materia che si tratta, ed alla natura ed alla forma che dar si dee al lavoro che si compone, è forza ancora di por mente per ben regolare la collocazion delle parole, e l’intrecciatura de’ membri delle clausole, e la lor movenza ed il giro. Dappoichè, oltre che nella nostra lingua il traspor le parole non è disdetto, anzi conferisce a dar decoro e nobiltà al discorso; la trasposizione sovente è pur necessaria per dare naturalezza ed efficacia al concetto, e per farlo passar dalla nostra nell’altrui mente tal quale da noi fu concepito. Nè altamente si ha a pensar del periodo, il quale, se ben conviene alla magnificenza ed alla pompa oratoria, mantenendo sospesa l’attenzione dell’uditore insino alla fine, non disconviene punto al ragionamento didascalico; anzi è la propria e