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xx prefazione

guisa, o non si preparano almeno, e rendonsi abili all’investigazione del bene e del vero, che sono l’objetto delle scienze, alle quali, dopo delle lettere, essi debbonsi rivolgere? Ma, lasciando star le ragioni, e facendoci solo i fatti a considerare; quale è mai la cagione, e donde procede, che oggi, in tanto avvanzarsi delle scienze, ed essendo esse insegnate con più regolato ed agevol metodo, sì pochi sono quelli che in esse veramente si avanzano, e che escano della baldanzosa e nocevole mediocrità? Io so bene che molte cagioni addur se ne potrebbe; ma, quanto a me, la prima, e la principale, stimo che sia da tenere il farsi la gioventù a studiare le severe discipline o digiuna affatto, o tinta appena, e male, di lettere. E di questo potrebbe rendersi certo coll’esperienza e co’ fatti chiunque le nostre scuole di scienze visitar volesse, ed interrogare i più eccellenti professori della città nostra; i quali, senza fallo, non negherebbero di rifermar con la loro testimonianza questa mia opinione. Laonde non di lieve, ma di grande importanza sono le cose delle quali vi son venuto ragionandole possono non solo scusarmi con voi della lunghezza del mio scrivere, ma indurvi pure a non lasciarmi desiderare indarno una vostra risposta, che o rifermi o emendi questi miei pensamenti. E conoscendo io di qual animo voi siete, e quanto siete sollecito dell’onore e del prò della nostra patria, non dubito punto che dovrete farmi di questo contento, e che patirete pure che io aggiunga alcune altre cose dello studio della lingua e dell’eloquenza. Perocchè io stimo che il volgarizzamento di Sallustio che io dedico a voi, debba essere adoperato a un doppio fine nelle scuole: e come fonte di purezza e proprietà di favella, e come esempio di stil breve riciso e grave. Anzi credo che sì l’originale di Sallustio e sì la versione di Frate Barlolommeo possano essere acconci all’utilissima e necessarissima esercitazione di tradurre del latino in toscano, e del toscano in latino: che in questa guisa i maestri, e spezialmente quelli che non sono ancora al sommo pratichi dell’arte dello scrivere, avrebbero una guida certa ed una norma in correggere le traduzioni de’ loro discepoli. E per questo medesimo fine di ajutare i giovani maestri nel molto difficile loro ufficio, e per additar la via a quelli che imprendono da sè a studiar la lingua e l’arte dello scrivere, ho divisato di allogare in fine di questo libro i frammenti di Sallustio volgarizzati nel mio studio.