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xviii prefazione

loro privati negozii, hanno l’obbligo di parlare e scrivere almeno correttamente; e di prosa pure men lorda e rozza di quella che oggi adoperano, hanno grande necessità le matematiche, la fisica, la medicina, la giurisprudenza, e la razional filosofia. Onde sarebbe ormai tempo che uscir vedessimo d’inganno quelli che ancora credono che le scienze, rigide ed austere, commesse sono, e rivolte solo alla speculazione dell’utile e del vero, non si curano e sdegnano la pulitezza e l'eleganza dell’elocuzione. Anzi io porto opinione che le scienze, le quali di lor natura sono difficili ed astruse, abbiano grande necessità di esser rendute dal modo di trattarle e sporre meno astruse e difficili, e conseguentemente richiedano che gli scienziati, prima di porsi a scrivere opere e trattati scientifici, abbiano imparato l’arte dello scrivere. La quale non è, come alcuni di essi per ignoranza credono, ed altri per celar la loro ignoranza di creder s’infingono, il saper ricercar ne’ Vocabolarii parole viete e fuori d’uso, e modi di dire squallidi ed ora non più intesi, e di questi intrecciarne affannosi e sterminati periodi, i quali richiederebbero i polmoni di Ercole per poter esser recitati, e l’acutezza di Aristotele per essere intesi. Questa propriamente è da dir l’arte d’imbrattar carta, e di empier di vanità e di noja i lettori: che l’arte dello scrivere, e niuno il sa meglio di Voi, e quella che insegna a ben disegnare un lavoro, e dargli quella general forma che al suo genere ed alla sua specie veramente conviene; a divisarne e disporne le parti nel modo che meglio risponde al fine a cui esso è ordinato, e rivestirlo di quella particolar maniera di elocuzione che è propria di quella generazione di opere. E, se essa fosse con acconcio e savio metodo insegnata, se la gioventù, prima di farsi a studiar le scienze, di greche, di latine, e d’italiane lettere si ornasse la mente, cesserebbero una volta gli errori ed i pretesti de’ filosofanti, e due gran beni ne verrebbero alle lettere ed alle scienze. Dappoichè i giovani, essendo stati guidati pel diritto sentiero, e di buon’ora avendo concepita la vera e pura idea del bello, ed imparato il conveniente modo di manifestarlo; la poesia e l’italiana eloquenza non sarebbero più lordate e guaste di strani concetti, di settentrionali fantasie, e di vili e barbare forme; e le scientifiche speculazioni e le opere di filosofia non anderebbero scalze e scarmigliate, e ricoperte di luridi cenci, come pur ci è