gli esempii riescono veramente utili ed agevoli a comprendere. Ed io, avendo, per ragione, e per esperienza di molti anni d’insegnamento, ravvisata l’utilità di questo metodo, l’ho sempre seguitato, e mi detti, non ha guari, a compilare in questa forma la seconda parte della mia Antologia, della quale ho dato già fuora il primo tomo, e spero in breve di pubblicarne a mano a mano ancora gli altri, che non saranno meno di tre, per poter comprendere tutti gli esempii delle diverse specie di componimenti. Sicchè, e per mio pro, e per il bene della gioventù e delle italiane lettere, vorrei che di questo metodo e di questo mio lavoro voi mi doveste dire il vostro avviso; che io son presto ed apparecchiato a mutare ed a correggere tutto quello che da voi non fosse stimato degno di approvazione, o che in parte almeno fosse da emendare. Ma, quanto agli esempii di poeti, che, come dissi, da molti si danno a studiare a’ giovani che imparano l’arte di scrivere in prosa, io non dubito punto che voi non vi accordiate con me in condannarli, e che non vogliate che seguitino a quelli de’ prosatori. Perocchè, se, per essere eccellente scrittore in prosa, utile e necessario è lo studio de’ poeti, la prosa si ha a studiar da prima, e principalmente da chi vuole esser prosatore, e poi si dee imparare a togliere da’ poeti quelle grazie e quelle leggiadrie che fanno la prosa più bella e leggiadra. Nè sarete parimente con me discorde che non si debba far comporre a’ giovani che imparano a dettare niente altro che misere anacreontiche, e scempii sonetti, e gelidi madrigali, ed ottave, e canzoni, che altro non hanno di poesia che il numero determinato delle sillabe de’ versi, saggiati colle dita sul naso. Anzi io son di credere, e grandemente desidero che sopra di questo mi diciate il parer vostro, che nelle scuole di rettorica debba quasi al tutto esser vietato agli alunni di comporre in poesia, o almeno raramente conceduto ed a pochi; e per contrario vorrei che lutti, ed assiduamente, venissero esercitali in iscrivere in prosa. Perocchè, lasciando star che a pochi solo la natura concede quella sacra scintilla, senza della quale si tenta invano di montare in Parnaso, di versi non abbiamo punto mestieri; chè ce ne ha, e ce ne ebbe sempre gran dovizia in Italia. Ma, per contrario, grande è il bisogno che tutti abbiamo della prosa, essendo che ancora quelli che non sono della vil plebe, e che s’intramettono solo de’