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il giugurtino | 161 |
male, fa grazia, e perdona; amistà e compagnia li sarà conceduta, quando avrà sì fatto, che la meriti d’avere.
CAPITOLO LXXXII.
Come Siila fu mandalo a Bocco, e Voluce suo figliuolo li venne incontro.
Queste cose avendo saputo, Bocco per lettere domandò a Mario che li mandasse Siila, per lo cui consiglio e volontà si provvedesse delli comuni tatti. Siila vi fu mandato con gente da cavallo e da piede, frombolatori, e balestrieri1: anche v’andarono saettatori e la coorte detta Peligna con arme velitari (a2) per avacciare più tosto: nè di quelle cotali erano eglino meno armati bene che dell’altre, quanto contra le lance de’nimici, perchè sono lievi. Ma nella via, il quinto dì, Voluce figliuolo di Bocco subitamente, ne*campi manifesti e piani, con mille e non più cavalieri si dimostrò: ii quali, disordinatamente e spartitamente andando, a Siila e a tutti i Romani mostravano maggior numero che’l vero, e facevano nimichevole paura. Sicché ciascuno de’Romani cominciò apparecchiarsi, e tentare arme e lance: paura era alquanta; ma speranza via maggiore certamente, siccome a vincitori, e contra coloro li quali egli aveano spesse fiate vinti. Intanto mandò Stila cavalieri a spiare, li quali rinunciarono3 il fatto quieto, siccome era la verità. Voluce, quando giunse, parlò al questore, e disse: com’egli era mandato incontra lui da Bocco suo padre, e anche per suo ajuto. £ io quel dì e nel seguente senza niuna paura andarono insieme congiunti.
CAPITOLO LXXXIH.
Come Giugurta apparia nella contrada, e Siila si mise ad andare di notte.
Poiché la sera fu l’oste allogata, subito’1 Mauro (b)4 con dubbiosa faccia spaurito veune ratto a Siila, e disse come da quelli, ch’erano posti a vedere per guardia, avea saputo che Giugurta non era molto di lungi; e sì’l pregò e confortò che la notte nascosamente fuggisse insieme con lui. Egli con animo feroce rispose: che il Numida tante fiate sconfitto non ritemea5, e assai si confidava nella prodezza de*suoi; eziandio, se manifesto pericolo ci fosse, egli piuttosto starebbe fermo, che, tradendo coloro che seco meuava, per sozza fuga perdonasse alla vita non certa,