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il giugurtino 157

batteano li cavalieri, Bocco con li pedoni, i quali Voluce suo figliuolo avea menali, e che non erano stati nella prima battaglia per dimoranza della via, percossono l’ultima schiera de’ Romani. Allora Mario era a curare appresso alli primi, perocchè quivi era Giugurta con molti. Poi il Numida (a)1, avendo conosciuto l’avvenimento di Bocco, nascosamente con pochi venne là a’pedoni: e quivi gridò in lingua latina, che avea apparata a Numanzia, e disse come gli nostri per niente2 combatteano; chè poco innanzi di sua mano aveva egli morto Mario. E insieme con ciò mostrava la spada piena di sangue, la quale egli nella battaglia, avendo sollicitamente morto uno nostro pedone, avea insanguinata. La qual cosa poichè intesero li militi, più per lo reo e crudele fu Ito, che per la fede del messaggero, furono isbigoltiti: e agli Barbari crescea l’animo, e contra li perturbati Romani più duramente s’accendeano. E già li Romani erano quasi in sulla fuga, quando Siila, avendo scacciati coloro contra li quali era ito, ritornando percosse alli Mauri da lato. Sicchè Bocco incontanente volse, e fuggio. Ma Giugurta, disiderando di fermare li suoi, e la vittoria3 presso che acquistata ritenere, intorniato da’cavalieri dalla parte destra e sinistra, essendo tulli uccisi, egli solo fra le lance e dardi de’nimici, schifando i colpi, scampò. E intanto M<>ri<>, avendo cacciati i cavalieri dinanzi, venne in ajuto a’suoi, de’quali già avea udito che erano cacciati. Alla perfine i nimici da ogni parte furono vinti. Allora fu il fatto orribile a vedere entro per li campi: li Romani perseguitare; eglino fuggire, esser morti, e presi; e gli cavalli e gli uomini molestati; e, avendo molti fedite ricevute, nè fuggire poteano nè riposo patire; ora si sforzavano d’andare, e immantenente cadeano: alla perfine tutti luo/ghi, ond’era loro andamento, si vedeano ripieni d’aste, e d’arme, e di corpora; e infra loro la terra tutta insozzala di sangue.

CAPITOLO LXXVI.

Come Bocco mandò ambasciadori a Mario, e Mario a Bocco.

Dopo questo il consolo, senza dubbio già vincitore, pervenne nella città di Cirta, dov’egli ebbe al principio intendimento d’andare A quello luogo, il quinto dì poi che li Barbari aveano male combattuto4, vennono ambasciadori da Bocco, li quali da parte del re domandarono a Mario, che egli dovesse mandare a lui due, de’quali molto si fidasse, perchè volea e del bene suo e del popolo di Roma ragionare con loro. Mario incontanente vi mandò Lucio Siila e Aulo Manlio. Li quali avvegnachè

  1. (cioè Giugurta).
  2. per niente qui vale int ano, come è stato già notato avanìi.
  3. Il volgarizzamento a slampa avea della vittoria: noi, a conseguire maggior chiarezza, e ajtifali dal testo Ialino,abbiam fatto questo legger mutamento.
  4. accano male combattuto,erano stati sconfitti.