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tulle cose rilema, avtcci, prenda alcuno del popolo ammonitore e guarnitore del suo officio. E così spessamente addiviene che, a cui voi date Io imperio e’i siguoreggiare, egli a sè un altro imperadore domandi e cerchi. E so io, o Quiriti, alcuni, li quali, poiché sono fatti consoli, li falli dei maggiori, e dei Greci li cavallereschi ammaestramenti, cominciano a leggere. Stravolti ^uomini! Perocché avere l’onore dé’essere poiché l’uomo se n’ha fatto degno,e avere l’opera e l’uso dé’essere in prima. Ora agguagliate voi1, o Quiriti, con la superbia loro me nuovo uomo. Di quelle cose, le quali eglino udire e leggere sogliono, 10tpartita ne ho veduto2, altre io medesimo ho falle: quelle cose, le quali eglino leggendo, io ho apparate combattendo. Ora giudicate voi se 11tfatti o li detti sono maggior cosa. Dispregiano eglino la novità mia3: io dispregio la lor viltà: a me la ventura, a loro li vizii contradicono. Avvegnaché io giudico una natura comune di tutti, ma che ciascuno valentuomo quegli sia il più gentile. E, se ora alcuni delti padri d’Albino o di Bestia si potesse addomandare, se eglino me o loro volessono piuttosto avere di sè generato: che altro credete che rispondessono, se non che avrebbono voluti figliuoli ottimi? E. se eglino ragionevolmente dispregiano me, dispregino in quel medesimo modo i loro maggiori, a’quali, siccome a me, della virtù, loro grandezza prese cominciamento. Hanno invidia del mio onore: dunque abbiano così invidia alla mia fatica e innocenzia, e eziandio a’pericoli miei; perocché per quelli son venuto a questo. Ma eglino, uomini corrotti di superbia e d’orgoglio ♦ così menano lor vita, quasi dispregino li vostri onori; e coA domandano li onori, come eglino degnamente sieno vissuti. Or non sono eglino ben rei e falsi, i quali due diversissime cose egualmente aspettano, cioè di viltà mal diletto4,e guiderdone di virtude?E, quando dinanzi da voi e nel senato parlano, con mòlle parole lodano iloro maggiori, e. ricordando loro valenti falli, si credono essere più onorevoli. Ma tutto il contrario è. Perocché quanto la vita di loro maggiori è di maggiore onore e fama, tanto la miseria loro è più da rincolpare5. E per certo così è, che la gloria de’maggiori a quelli, che vengono dopo loro, si è come lume, e nè i beni e nè i mali loro lascia essere nascosti. Di questa cosa, o Quiriti, difetto sostegno; ma, quello che è molto più chiaro e onorevole, li fatti di me medesimo vi posso dire. Ora vedete quant’egli son malvagi: che quello,


    decretate statue dal senato: e queste statue, che si conservavano da* nepoti, erano quelle che i Romani dicevano imagines.

  1. ora agguagliate poi er.) Agguagliare va! propriamente fare eguale, pareggiare; ma trovasi anche usato per paragonare, e così devesi intendere in questo luogo. Nelle Vite de’SS PP. si legge: Tutto il tempo e spazio di questa vita, agguagliato all’eternità 9è meno che unpunto.
  2. io partita ne ho veduto) La voce partila ha varii significati, de’quali molti sono oggi in uso. <>ui sta per parte; ma in questo senti mento nou si vuole più adoperar*.
  3. dispregiano eglino la novità mia, cioè 19 essere io uomo nuovo. il testo latino ha contemnunt novità’ em meam.
  4. di viltà mal diletto) Così abbiamo corretto la stampa, che dicea: viltà di mal.dilettof contro il buon discorso e il testo latino, che ha: ignavine voluptatem.
  5. rincolpare qui vale lo slesso che ingolpare} e • on questo es.fu aggiunto al Voc, dal p. Cesari.