rivolte, che al bello; che in quella età dipingeva Raffaello, scolpiva Michelangelo, il Palladio ed il Bramante edificavano nobilissimi templi e palagi sontuosi; che molti principi e signori gareggiavan tra loro in caldeggiar le arti e le lettere, e le case e le loro corti eran sempre aperte, ed accoglievano a grande onore letterali ed artisti, ed ogni cosa risplendeva di magnificenza e di lusso. E però lo stile degli autori di quel tempo fu elaborato, largo, splendido e pomposo, ed il Boccaccio e Cicerone furono gli esemplari che tutti quasi si sforzarono di imitare. Ma, perocchè alle virtù prossimi sono i vizii, e di leggieri da quelle si sdrucciola in questi, alcuni scrittori di quella età, trasandando i giusti termini, in luogo di esser tersi, rifioriti e nobili nel dettato, furono artificiosi, ridondanti di parole, e più che di ogni altra cosa solleciti dell’armonia de’ loro periodi. E questi difetti, che sono rari e difficili a discernere ne’ migliori scrittori di quel secolo, io vorrei nondimeno che in quelli segnatamente fosser con prudenza è bel garbo mostrati a’ giovani da’ maestri. Dappoichè in questa guisa essi farebbero agevolmente intendere a’ loro discepoli quanto sia difficile l’aggiugner la perfezione in tutte le arti, e quelli, così avvertiti, e guidati quasi per mano, studierebbero in quelle opere, per tanti pregi eccellenti, senza pericolo che lor potesse intervenire di scambiar talvolta l’orpello per l’oro. Laonde, ancora che avessi a parere ad alcuno o troppo rigido, o troppo irriverente ed audace, per il bene della gioventù e delle lettere non temerò di aggiugnere che i difetti, de’ quali toccai avanti, e dissi che debbonsi discoprire a’ giovani, nelle opere ancora de’ migliori scrittori di quel secolo, vorrei propriamente che loro si venissero mostrando nelle prose del Bembo, del Salviati, del Varchi, del Castiglione, e nelle orazioni altresì, benchè più radi e lievi, del pulitissimo ed elegantissimo Monsignor della Casa. E nelle costoro scritture si dovrebbe diligentemente andare additando i luoghi, dove, oltre alla sforzata collocazion delle parole, ed al soverchio numero de’ membri delle clausole, il sopraccarico d’incisi dato a ciascun di quelli è cagione che il discorso vada come con le pastoje, e riesca sazievole ed oscuro. Dappoichè quel tanto aggiugner concetti secondarli al principal concetto di un periodo, non pur non giova ad accrescergli evidenza, forza e leggiadria, anzi nuoce: che da sì grande abbondanza di parole esso