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il giugurtino 127

nastabale, nipote di Massinissa, il quale Micipsa per suo testamento avea posto per secondo erede dopo li suoi figliuoli; ed era macero d’infermità1, e però era un poco fuor del senno. Il quale avendo2 sdomandatoda Metello che ponesse la sua sedia allato a lui, e anche poi che gli dovesse dare a guardia e a governamelo3 una turma de’cavalieri romani, Metello l’uno onore e l’altro gli avea negato: lo primo, perocch’era solamente di coloro, li quali’l popolo di Roma avesse appellati re;Io4 secondo, perocché sarebbe vergogna di loro, se cavalieri romani a capitano numida fossono conceduti e dati. A costui angosciato lu Mario5, e sì’l confortò, ch’egli delleergogne, che gli avea fatto lo’mperadore, dovesse domandare vendetta col suo favore e ajuto. E lui, siccome uomo che per li morbi poco nell animo avea di talore, con belle parole lo innalzò e lodò6, dicendo: com’egli era re, e molto grandissimo uomo, e nipote di Massinissa; e che, se Giugurta fosse preso o morto, egli senza dimoranza avrebbe lo’mperio di Numidia; e questo si potrebbe tostamente fare, se egli per consolo a battaglia fosse mandato contra lui. In questo modo e lui, e li militi romani, e altri mercatanti, molti per speranza di tostana7 pace recò a ciò: ch’eglino a Roma mandassono lettere a’ loro parenti e amici, della guerra parlando aspramente e male contra Metello, e domandassono Mario per imperadore. E così da molti uomini, e con onorevole favore, era addomandato il consolalo per lui. Insieme con questo a Roma il popolo, avendo vinti li grandi, teneano una legge detta Mamilia, dando alli uomini nuovi e di poco affare gli onori e le digniladi, s’eglino erauo da ciò, secondo il tenore della detta legge. E così il fatto di Mario da ogni parte procedea bene.

CAPITOLO LII.

Come Giugurta fece ribellare da’ Romani la città di Vacca.

Infra questo Giugiirta, poiché, lasciato l’arrendimento8, cominciò guerra, prese con grande cura e sollecitudine ad apparecchiare tutte cose, avacciare, e ragunare oste, e le città, che da lui erano partite9, bri-

  1. macero tP infermità) Qui macero sfa per affralito, spossato; ed è bella voce e significati va.
  2. avendo) Confortati dal testo latino, abbiamo così così corretto 19avea della stampa.
  3. governamento è lo stesso che governo9 ma oggi non si vuole più adoperare.
  4. lo) Manca lo nelle stampe.
  5. A costai angosciato fa Mario) Essere a uno,o da uno, vale andare da uno. Così il Vil lani nelletIncontanente fi a papa Martino e suoi cardinali ec. Ci piace di qui aggiungere che essere ad uno vale anche essere servo di ano; essere al servigio di uno e dicesi di persona e di cosa.
  6. e lui ec. lo innalzò e lodò) Si ponga ben mente a questo lui, il quale è oggetto e non soggetto, come da prima parrebbe; e si consideri pure la particella pronominale fo la quale si vede qui posta, non ostante che non ce ne sia bisogno, essendoci avanti Iure he questo si fa per proprietà di nostra lingua, e sovente non è solo una leggiadria, ma dà chiarezza ed evidenza al discorso.
  7. tostano è voce antica da non usare, e vai lo stesso che presto, subito.
  8. arrendimenlo vai resa, l’arrendersi.
  9. che da lui erano partite) Partire o partirsi da uno vale abbandonar la sua parte9 lasciar la sua amicizia.