poche coorti per lo formento a Sicca, che era una città, la quale in prima di tutte dopo la mala battaglia era mancata al re. Là andando1 Giùgurta di notte con eletti cavalieri, e già escendone li Romani2, combattè cou loro; e con gran voce confortò e gridò alli Siccesi3 che dovessono loro coorti percuotere e combattere di dietro; chè l’avventura dava loro caso e materia di grande e di chiaro fatto; e. se eglino ciò facessono, poi egli nel reame, e coloro nella libertà senza paura niuna menerebbono4 lor vita. E, se Mario non avesse molto avacciato di far trarre e passare i pennoni e le bandiere5, certamente tutti o gran parte delli Siccesi avrebboiio mutata lor fede: tanta è la mobilità, per la quale li Numidi sono trasportati. Ma gli cavalieri giugurtini, prima un poco dal re confortati e alati6, poiché loro nimici con maggior forza e gente contrastavano, essendo pochi gli amici7, fuggendo si partirono indi. Mario pervenne alla città di Zama: la quale, posta in piano, era maggiormente forte per opera d’uomo che per natura di luogo; e di niuna cosa conveniente avea difetto, d’arme e d’uomini copiosa. Metello, secondo il tempo e luogo avendo apparecchiate le cose, attorniò e cinse tutte le mura della città con sua oste; e alli suoi capitani comandò là dove ciascuno dovesse aver cura di dar battàglia; poi, fattoi segno, da ogni parte e da tutti insieme si levò grande grido. E non però questa cosa niente spaventò li Numidi: irati e attesi dimorano senza grido niuno. La battaglia fu cominciata. Li Romani, secondo lo’ngegno di ciascuno, alquanti combatteano da lungi con pietre e con ghiande (a)8; alcuni andavano al piò delle mura, e tagliavano, e cavavano; talora assalivano con iscale par combattere alle mani con loro9. Contra queste cose quegli dentro sopra quegli eh*erano prossimi voigeano sassi; pertiche e dardi giltavano, e anche pece con zolfo, e teda col fuoco10. E eziandio coloro, ch’erano da lungi, per la paura di loro animo, non erano però sufficientemente difesi; chè molti ne fediano li
- ↑ Nel volgarizzamento a stampa si confondeano insieme i due periodi, e si pònea lasciando. Noi, scorti dal testo latino, che ha eo cam delectis equitibus noctu pergit, ci pensammo che il copiatore avesse scritto lasciando in luogo di là andando; e là andando abbiamo restituito.
- ↑ escendone per uscendone: che escire si dice in luogo di uscire.
- ↑ confortò e gridò alli Siccesi, cioè confortò li Siccesi, e gridò alli Siccesi: e si noti che, per proprietà di nostra lingua, allora che due verbi richiedono diverso costrutto, può questo regolarsi col verbo più vicino, supplendosi il proprio all’altrt), come vedesi in questo luogo.
- ↑ 11 menerebbe del volgarizzamento a stampa si è mutato in menerebbono9 confortati a ciò dal nostro cod. A; il con loro per coloro si è da noi creduto error de* menanti, e però corretto. Vedi il testo latino.
- ↑ ipennoni e le bandiere) Pennone vale sten dardo > insegna f bandiera; ma così pennone come bandiera si dice pure a quella moltitudine di soldati che sta sotto un pennone o una bandiera, e così si ha qui ad intendere. Vedi anche a pag. 104 la u. 2.
- ↑ confortati e atati) Vedi la n. 2 alla pag. 46.
- ↑ 11 testo lat. ha paucis amissis; sicché il testo, di cui fe uso il nostro frate, dovea essere qui scorretto.
- ↑ (cioè con pezii di piombo, e d* altro metallo, il quale gittavano con tionde).
- ↑ per combattere alle mani con loro) Il latino ha cupere proelium in man/bus facere sicché combattere alle manidevesi intendere combatter da vicino, che i Latini dicevano anche cominus pugnare.
- ↑ Su questo luogo vedi i comentalori del testo latino. La Crusca haper face nuziale e per sorta di pino selvatico. Qui dee intendersi per facella, fiaccola in generale.