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il giugurtino 119

invidia: sicchè quanto era più chiaro e glorioso, tanto era più pensoso. Nè dopo l’assalto di Giugurta lasciò sua gente spargere a preda1 quando era bisogno del formento, le coorti con tutta la cavalleria andavano in ajuto: dell’oste una parte menava egli, e l’altra Mario: ma lo guasto si faceva più a fuoco che a preda. In due luogora non di lungi si poueano a campo: quando forza c’era bisogno, tutti erano presenti; ma, acciocchè la fuga e la paura più largamente crescesse a’nimici, faceano queste cose dipartiti. In quel tempo Giugurta gli andava seguitando su li colli, e cercando tempo e luogo di combaitere; e là, dov’egli udia che’l nimico dovesse venire, la pastura guastava, e le fontane dell’acqua, delle quali v’era assai grande difetto, corrompea: ora si mostrava a Metello, talora a Mario; gli ultimi dell’oste tastava, percotea, e incontanente tornava; e ora a quegli, e ora a quegli altri minacciava2; e nè battaglia loro facea, nè in riposo gli lasciava: tanto3 il nimico dal suo incendio e guasto impedia.

CAPITOLO XLIV.

Come Metello assediò Zama, e mandò Mario a Sicca.

Lo romano imperadore, poichè solo con malizia si vide affaticare, e che dal nimico non si facea copia del combattere4, deliberò di combattere una gran città, la quale in quelle contrade era principale e reale5, chiamata Zama: pensando quello che’l fallo richiedoa, cioè che Giugurta, essendo li suoi in fatica, verrebbe loro in ajuto, e quivi sarebbe la battaglia. Ma Giugurta, avendo saputo da’fuggiti quello che Metello s’apparecchiava di fare, a grandi giornate antivenne a Metello in Zama6; e* pregò li cittadini che difendessono la terra; e aggiunse loro in ajuto li fuggiti, la qual generazione d’uomini, perchè nè ingannare nè tradire po-teano, era fedelissima: anche promise loro dicendo che, quando sarà tempo, egli medesimo con sua oste vi verrebbe, e sarebbe presenle. E, avendo così ordinate queste cose, si partì, e andò in luoghi molto occulti: e dopo conobbe e seppe che Mario del viaggio da Metello7 fu mandato con tornare opportuno; e nè I uno nè l’altro modo è registrato nel Vocabolario, quantunque vi si trovasse taglio in sentimento di opportunità.

  1. lascii) sua grate spargere a preda, cioè: lasciò sua gente spargere a far preda.
  2. ora a quegli. . . minacciar a) Il verbo minacciare si usa col quarto raso, ed aurora, come vedesi in quc>to luox», può bene usarsi col terzo.
  3. tanto qui vale Solamente.
  4. dal nimico non si ficca copia del combattere) Copia, oltre ìe altre sue si^niGraiioni, vale ancora comodo.facol’à, opportunità; onde i modi arrr copia, dar copia, esser data copia, che valgono air re, dare comodo, facoltà, opportunità, e concedere alcuna cosa ad uno.
  5. la quale in quelle contrade era principale e reale) Cosi traduce il latino: urbrm magnam, et in ea parte, qua sita rra’, arcem regni-, sicchè reale è stalo dal nostro frale usato come aggiunto di cosa che dinoti la maggiore nella sua spezie; ma non ci par che spieghi bene le parole laine.
  6. antivenne a Metello in Zama) Antivenire vai prevenire, arrivare innanzi; e si usa col quarto e col terzo raso ancora, come in questo luogo.
  7. 11 volgarizzamento a stampa ava del viaggio di Metello. A olteuer chiarella abbiam mutalo il di in da. Il testo latino ha senza più: Marium ex itinere frumtnlalum mitsam.