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il giugurtino 113

turma e manipuli (a)1 insieme attorniando, gli ammonisce, e forte scongiura: ch’eglino, ricordandosi della prima loro virtù e vittoria, dall’avarizia de’ Romani si difendano; e che hanno a far battaglia con coloro, i quali, innanzi, avendo vinti, aveano sotto il giogo messi; e che eglino hanno mutato il duca, ma non l’animo; e come quelle cose, che si appertengono al signore2, egli avea ben provveduto: il luogo di sopra era loro, ecome sa vii aveano a combattere con non avveduti; e non gli meno con gli più, nè gli rozzi con migliori avessono a mano venire3. Onde ammonio ch’eglino fossono apparecchiati e attesi, a certo segno fatto, di assalire gli Romani; e che quel dì tutte lor fatiche e vittorie assommerebbe4, ovvero di gran miserie sarebbe cominciamento. Anche a uomo a uomo, siccom’egli ciascuno per opera di valenzia avea esaltato in pecunia 0 in onore, sì l’ammonia del suo beneficio, e lui agli altri dimostrava. All'ultimo, secondo ch’era lo ingegno di ciascuno, promettendo, minacciando, e fortemente pregando, e altri in altro modo, risvegliava e sollecitava. Intanto apparve Metello trapassante per lo monte con la sua oste, non sappiendo5 niente di queste cose.

CAPITOLO XXXVIII

Come Metello vide l’oste di Giugurta, e ordinò sua gente.

Metello prima dubbiò che dimostrasse la disusata faccia (b)6: perocché fra gli arbuscelli e gli cavalli li Numidi s’erano assisi, e non al tutto nascosti, per la piccolezza degli alberi.Li Romani erano incerti che fosse, per la natura del luogo boscoso e per la malizia de’ Numidi, li quali e loro e tutte bandiere ed altri cavallereschi segni aveano oscurati e nascosti. Poi, in brieve avendo Metello conosciuti loro aguati, bellamente ordinò l’oste in questo modo7: ch’egli mutò l’ordine detto di sopra, e dalla parte destra, la quale era presso a’nimici, fece tre schiere, e fra’manipuli com-’ partì frombolatori e saettatori; li cavalieri pose tutti nelle cantora8; e in poche parole secondo il tempo confortando gli suoi, avendo così tramutati li principii,dall’alto9 menò sua gente nel piano.Ma, poich'egli vide gli Numidi stare cheti, e che del colle non si partiano, temette che, per io tempo della state che era, e per la carestia dell’acqua, sua oste fosse

    pure Dante, Iof. 6: Edio a lui: ancor vo9 che m’insegni, E che di più parlar mi facci dono.

  1. (cioè alcuni pochi).
  2. che si appertengono al signore ) App e rutene re è voce antica» ed oggi si ha a dire appartenere.
  3. avessono a mano venire) Vogliamo in prima si noti la trasposizione qui alquanto sforzata, avendosi potuto dire avessono a venire a mano; poif che venire a mano qui sta per venire alle mani, cioè azzuffarsi, nè in questo sentimento trovasi questo modo nel Vocabolario, nè vorremmo oggi si adoperasse,
  4. tutte lor fatiche ec. assommerebbe) Assommare qui vale compiere, ridurre a termine; ma oggi questa voce non è da adoperare,
  5. sappiendo è uscita antica del gerundio del verbo sapere;, ed-oggi si ha a dire sapendo.
  6. vvero apparenza di quello luogo),
  7. bellamente ordinò l’oste ec.) Vedi alla p, 66 la n, 7.
  8. cantora per canti. V. la n. 2 alla p. 63.
  9. dalPalto) Cosi giustamente corregge il Betti la stampa, che ha dal lato.