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98 | il giugurtino |
ta. Il quale, se renduto è, certamente sarà egli ubbidiente a’vostri comandamenti; s*égli gli dispregia, allora potrete voi pensare che pace o che arrendimento fu quello, del quale a Giugurta perdonanza di malvagità, e ad alcuni potenti grande ricchezza, e alla repubblica danno e vergogna sia pervenuta. Questo dico che è da fare, se per ventura voi non siete anche saziati di loro signoria, e quegli tempi della servitù vi piacciono più che questi della libertà: cioè quegli tempi, nelli quali li reami, le provincie, le leggi e le ragioni, li giudicamenti e le battaglie1
e tutte cose di Dio e d’uomini erano appresso pochi grandi; e voi, popolo romano, non vinti da’ nimici, signori di tutte genti, assai avevate pur di mantenere la vita2: chè la servitude quale era di voi ch’ardisse rifiutare? Ma, avvegnaché io giudico pericolosissimo uomo quegli che ha preso a fare ingiuria e non è punito, pertanto che voi agli uomini scelleratissimi dovreste perdonare, perciocché sono cittadini, io sosterrei con cheto animo, se la misericordia non fosse disposta a tornare in pestilenzia e in morte3. Chò quegli4 hanno tanto d’ardimento, che poco è che eglino, avendo fatto il male, non ne sieno puniti, se non è loro tolta la potenzia di farne più: e a voi sempre rimarrà l’una o l’altra sollicitudine, quando cognoscerete che o converravi5 essere servi, ovvero per le vostre braccia mantenere vostra libertà. Chè di loro fede o di lor pace che speranza potete voi avere? Signoreggiare vogliono eglino; voi essere liberi: eglino fare le ingiurie; voi divietare: e gli vostri compagni usano eglino come inimici, e i nimici come compagni. Puote duuque in così diverse menti pace o amistà essere? Per la qual cosa io v’ammonisco e conforto che voi così grande malvagità non lasciate impunita* Non è ora fatta fraude dell’avere della camera, nè per forza a’compagni vostri tolte le pecunie: le quali cose avvegnaché gravi sieno, ma per l’usanza già sono per niente avute. Ora è al nimico crudelissimo tradita l’autorità del senato, è tradito il vostro imperio: in città e in oste larepubblica è suta vendevole. Delle quali cose se non sarà fatta inquisizione, e se non sarà vendicato sopra gli colpevoli, che ci rimarrà altro, se non che a coloro, che queste cose hanno fatte, noi viviamo obbedienti e soggetti? Chè fare senza punizione ogni cosa che uomo vuole, questo è essere re e signore in tutto. Non vi ammonisco io a ciò, che voi piuttosto vogliate che gli vostri cittadini abbiano (atto perversamente che a diritto6; ma che voi, perdonando agli rei, non perdiate e guastiate gli
- ↑ Il testo ha di più atque paces.
- ↑ assai avevate pur di mantenere la vita, cioè credevate una gran cosa il mantenere la vita: chè avere si usa talvolta in sentimento di giudicare, stimare, credere; e assai si usa pur sovente per molto.
- ↑ disposta a tornare in pestilenzia ) Tornare, oltre alle altre sue significazioni, vaie pure divenire, riuscire, come • da intendere in questo luogo; e pestilcpzia è qui figurai, adoperato per rovina grande.
- ↑ Si è tolto un che,onde venia nocumento alla chiarezza della sentenza.
- ↑ converravi sta in iscambio di converraeei: chè gli antichi solevano negli affissi de’verbi terminanti in vocale accentata non raddoppiar la consonante.
- ↑ diritto qui vale giustamente, a ragione.