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il giugurtino 95

basciadori di Giugurta che dovesse essere dato; perocché per la dimoranza e trattamento dello attendere da vasi indugio e triegua della guerra. Poi il re, secondo ch’era ordinalo, venne nell’oste; e1 avendo dette poche parole in presenza del consiglio, dicendo dell’odio de’suoi fatti, acciocché fosse in arrendere ricevuto, l’altre cose con Bestia e con Scauro trattò segretamente; e poi, l’altro di, quasi avendo domandato consiglio di ciò, secondo lo tenore della legge detta Satira, fij in su 1l’arrendersi ricevuto. Ma, siccome per loro consiglio era ordiuato e comandalo, furono dati al questore leofanti XXX2, bestiame e cavalli molti, con quantità d’argento non piccola. Calpurnio se ne venne a Roma a parlare e ordinare di Giugurta; e in Numidia nella nostra oste era pace e riposo. Poiché le cose fatte in Affrica furono per fama pubblicate a Roma, per ogni luogo e per ogni ragunanza si cominciò a ragionare del fatto del consolo. Appresso al popolo ne era grande odio; i Padri erano solliciti, dubitando se dovessono approvare tanta reità, o se dovessono distruggere in tutto il decreto del consolo, e massimamente la potenzia dì Scauro: perocché si dicea che egli era il fattore e compagno di Bestia; egli lo’mpedia dalla verità e dal bene3.

CAPITOLO XXIII.

Come Gajo Memmio parlava contra le rivenderle4 di Roma.

Ma Gajo Memmio, della cui libertà d’ingegno ed odio della potenza de’nobili avemo detto di sopra, in fra le dubitazioni e indugi del senato ne’ parlamenti confortava il popolo a punire le dette cose; ammonendogli che non dovessono abbandonare la repubblica nella loro libertà, e dimostrando molti rigogliosi5 e crudeli fatti de’ nobili: e per tutto atteso a ciò accendea l’animo del popolo. Ma, perocché in quel tempo a Roma Memmio era un bello e famoso dicitore6, parmi convenevole ch’io una delle molte sue dicerie debba scrivere, e specialmente dirò quella, la quale egli in parlamento dopo il ritornamento di Bestia fece in queste parole:

CAPITOLO XXIV.

Diceria di Gajo Memmio contra ti grandi.

Molte cose mi sconfortano da voi, o Quiriti (a)7, se lo studio e l’amore

  1. e) Abbiawo aggiunto questV, confortati dal senso e dal testo latino.
  2. leofante si disse anticamente per elefante.
  3. lo*mpedia dalla verità e dal bene) Impe dire uno da una cosa vale tenerlo lontano da quella: e questo verbo impedire si usa col se tondo, col terzo, quarto e sesto caso ancora, e n’escono belli e recisi modi di dire. Veggasi il Vocabolario della Crusca.
  4. rivenderla è il vender che si fa da’pubblici magistrati la giustizia: che dicesi ancora baratteria.
  5. rigoglioso propriamente vale rigoroso, che ha rigoglio, vigore, forza; ma qui sta figuratamente per superbo.
  6. dicitore qui vale oratore, aringatorc } c si adopera pure in sentimento di scrittore.
  7. (cioè popolo di Roma ).