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92 il giugurtino

bidisse a*suoi comandamenti: eppur l’animo, di voglia cieco, sì era a quello che cominciato avea1 Alla fine vinse nel desideroso ingegno il perverso consiglio di volere prendere la terra. Onde, approssimando sua oste attorno, con somma forza brigava di potere entrare: sperando massimamente che, avendovi menata l’oste, egli o per forza o per tradimento potesse trovare caso di vittoria. La qu8l cosa andando altramente, e il suo intendimento non venendogli fatto, ch’egli, innanzi che gli convenisse parlare agli ambasciadori, potesse avere Aderbale in sua balia, anche acciocch’egli, dimorando, non incendesse più incontra di sèScauro, il quale egli molto temea, con pochi cavalieri venne nella provincia dove egli erano: ma pertanto, avvegnach’egli in parole gli nunciassono gravi minacce del senato di ciò che di combattere Cirta non ristava, alla perfine, consumate molte parole, egli si partirono, non facendo niente2.

CAPITOLO XX.

Come si rendè la città di Cirta, e come gli Romani apparecchiarono oste contra Giugurta.

Poiché questo fu udito in Cirta, gl’Italici, per la virtù de’quali3 la terra si difendea, fidandosi che, se si rendessono, eglino, per reverenza della grandezza del nome romano, non avrebbono niuno male, parlarono ad Aderbale, confortandolo che dovesse sè e la terra dare nelle mani di Giugurta, solamente salva la persona; ediceano: dell’altre cose, che da fare saranno, il senato avrà sollecita cura. Aderbale, avvegnaché ogni altra cosa avesse per migliore che la fede di Giugurta, nientemeno, perocché, s’egli avesse contradelto, era appresso loro la potenzia di costringerlo, secondo gl’Italici aveano detto, così si diede a lui. Giugurta imprima Aderbale duramente tormentato uccise; poi tutti li Numidi ch’erano in città, e gli mercatanti mescolatamente, siccome ciascuno con arme era suto incontrato, fece morire. La qual cosa poiché fu saputa in Roma, e se ne cominciò a ragionare in senato, quegli medesimi fautori del re, priegando, e, spessamente per grazia, e talora per contenziose parole, prolungando tempo, la crudeltà del fatto alleggeravano4 Ma G. Memmio, il quale era disegnato che dovesse essere tribuno del popolo, uou.o

    fare,ovvero non sopea qualcosafare, come pare che avrebbe qui dovuto dire il traduttore, se pure egli non iscrisse qual cosa, e per isbadataggiue de’eopiatori non sia stata tralasiiata la voce cosa.

  1. sì era a quello che cominciato avea) Il verbo essere, seguito dalla particella a f precedente a verbo, o a nome, come in questo luogo, vale talora essere volto, inchinato, essere inteso. Nelle Vite de’Santi Padri si legge: Gli oc» chi di Dio sono a provvedere sempre quelli che l’temonof
  2. si partirono non facendo nit ni e, cioè senza aver fatto niente .11 lat. ha: frustra discesse te.
  3. per la virtù de9 quali) Virtù talvolta si adopera in sentimento di valore, coraggio, come è da intendere in questo luogo. Il Guicciardini nelle sue Storie die e: Il duca d’Urlino ec.,stimando forse più che non era giusto la virtù delle genti spagnuole e tedesche »... aveva fisso ne IP animo ec.
  4. alleggerai è voce antica, e vai lo stesso che alleggerire.