dri conscritti. Lo mio padre lasciò due fratelli; il terzo, Giugurta, il quale pensò che, per li suoi beueficii, che gli fece, egli fosse congiunto e una cosa con noi1 L’uno è ucciso dall’altro: a grande pena sono scampato di cadere nelle sue empie mani. Che farò io, ovvero a qual luogo io, si fortemente sciagurato, anderò? Gli ajutumenli2 di nostra schiatta sono tutti spenti: il padre, siccome era per necessità, diede luogo alla sua natura3, e passò; al mio fratello il suo prossimano per grande iniquitade anzi tempo tolse la vita; i parenti, gli amici prossimani, e tutti altri de’ miei, qual per un modo, e qual per un altro, ha fatto morire, e ucciso: quegli che da Giugurta furono presi, alcuna parte fece porre in croce, alcuni dare alle bestie; quegli pochi a cui è rimasa l’anima, sono rinchiusi in tenebre, e con tristizia e con pianto più dura che morte menano lor vita. Se tutti gli beni, li quali io ho perduti, ovvero mi sono in avversità rivolti, stessono interi a me4, e io avessi mio stato; pertanto, se alcuno subito e non provveduto male mi fosse addivenuto, lo vostro ajuto dimanderei, 0 Padri conscritti, a’quali, per grandezza del vostro imperio, si conviene e della ragione e di tutte le ingiurie avere cura. Ma ora, iscacciato di mia patria e di mia casa, solo e di ogni onorevoli cose bisognoso5, ove anderò, 0 di cui ajutorio domanderò6? Le nazioni, 0 li re, li quali tutti alla nostra casa per la vostra amistà sono molesti e contrarli? Or poss’io andare in luogo niuno là dove degli miei maggiori non sieno molto Inimichevoli memorie? Or puote niuno aver pietà di noi, il quale per alcun tempo fu vostro inimico? All’ultimo Massinissa così ci comandò: che noi niuno altro signore dovessimo seguire e amare se non il popolo di Roma, e che nuove compagnie nè patti noi non dovessimo prendere7, chè assai grande guarnimento sarebbe a noi nella vostra amistà mantenerci, e che, se al vostro imperio si cambiasse ventura, che a noi fosse insieme con voi a cadere. Ma per la vostra virtù e volontà d’Iddio sete grandi e potenti; tutte cose sono a voi obbedienti e prospere: per la qual cosa più leggermente delle ingiurie de’ vostri compagni potete aver cura. Ma solamente temo io non alcuni la privata amistà di Giugurta non bene conosciuta li faccia attraverso andare: li quali io intendo che con grandissi-
- ↑ egli fosse congiunto e una cosa con noi) Essere una cosa con uno vale essere un altro lui; ed è bel modo di dire.
- ↑ aj ut amento, non altrimente che ajutorio, è voce antica, ed è lo stesso che ajuto.
- ↑ diede luogo alla sua natura ) Questa frase è tolta di peso dal latino, che ha naturae con cessila e vale morire.
- ↑ stessono interi a me) Stare qui sta in luogo del verbo essere, adoperato alla latina in sentimento di avere: onde se tutti gli beni .... stessono interi a me, vale se io avessi tutti in teri i miei beni. Questo modo di dire vorremmo che fossa lasciato a quelli che sono somma ment*1 pratichi delle cose della lingua.
- ↑ di ogni onorevoli cose bisognoso) Ogni anticamente si usò anch • al plurale, come vedesi qui; ma oggi non sarebbe da così fare.
- ↑ cui di ajutorio dimanderò, Il testo a stampa leggeva: cui ajutorio dimanderò?,* e, per la costruzione e chiarezza del seguente inciso, al Betti, così come a nsi, è parutodi aggiungere il dì.
- ↑ che nuove compagnie nè patti noi non dovessimo prendere) Qui compagnia sta per unione, lega9 come compagno alcuna volta si trova adoperato in senso di allento. Nel Villani leggiamo: Con loro re, chiamato Lotario, fece lega e compagnia contro il detto imperadore.