e di triegue ne facessono molte malvage ingiurie, giammai egli non presono però cagione di tali cose fare: più e maggiormente pensavano che si convenia a loro di fare, che quello che ragionevolmente far si potea. Questo medesimo avete voi a provvedere, o Padri conscritti, acciocchè presso voi non possa più la reità di P. Lentulo e degli altri, che la vostra medesima dignità; e acciocchè alla vostra ira non più provvediate, che alla vostra medesima fama. Se si può trovare degna pena per li lor fatti, io lodo il nuovo consiglio che dato è; ma, se la grandezza del male vince e passa lo ’ngegno di tutti, dico che si debbano servare quelle pene che sono per legge trovate. Assai di coloro, che hanno detto loro sentenzia dinanzi di me, ornatamente e magnificamente hanno lamentato del cadimento della repubblica1, dicendo e numerando che crudeltà sarebbe suta per la battaglia, e ricordando li mali che ne veniano contra li vinti: cioè rapire loro pulcelle; i fanciulli divegliere delle braccia di loro padri; le madri delle famiglie sostenere tutto ciò che fosse piaciuto a’ vincitori; li templi colle case essere rubati; gli tagliamenti2 e gli incendii fatti; alla per fine ogni luogo riempiere d’arme, di corpora, di sangue e di lamento3. Ma veggiamo, per Dio, queste parole perchè dissono. Forse per farvi adirare contra la congiurazione, quasichè cui non movesse così grande e così crudele cosa, la diceria gli accendesse? Non è cosi: nè è niuno uomo, a cui le sue ingiurie pajono piccole; molti l’hanno avute per più gravi che non si conviene. Ma altra licenzia è conceduta, o Padri conscritti, a diversi. Chè coloro, li quali sono bassi, e menansi la vita senza grandi onori e fama4, se fanno per ira alcuno malfatto5, pochi lo sanno, chè lor fama e lor ventura sono eguali; ma quegli, che sono nel grande imperio onorati, e vivono in grande dignità, li lor fatti sa ogni uomo. Sicchè nella loro ventura d’altezza è pochissima licenzia di male: però a tali uomini nè per amistà studiare, nè odiare, ma principalmente adirare non si conviene. Quella, che appresso agli altri è detta ira, nello imperio è chiamata superbia e crudeltà. Io vi dico ben così: che tutti gli tormenti sono minori che la lor colpa. Ma molti uomini si tengono a mente pur la fine e la morte; e verso gli uomini empii, dimenticando i
- ↑ hanno lamentato del cadimento della repubblica) Cadimento, che propriamente vale il cadere, caduta, qui sta per rovina, sterminio: ma non lo vogliamo lasciar di dire che sì nell’uno e sì nell’altro significato oggi non si vorrebbe adoperare.
- ↑ tagliamento qui sta per uccisione, strage,
come fu adoperato dagli antichi; ma oggi non si vuol più usare.
- ↑ Questo luogo, bellissimo nel testo, con non minor forza ed evidenza è stato voltato in toscano dal nostro frate; e però ci piace di qui arrecarne le parole latine: Plerique eorum, qui ante me sententias dixerunt, scomposite atque magnifice casum reipublicae miserati sunt; quae belli saevitia, quae victis acciderent, enumeravere: rapi virgines, pueros; divelli liberos a parentum complexu: matres familiarum pati quae victoribus collibuissent; sana atque domos exspoliari; caedem, incendia fieri; postremo armis, cadaveribus, cruore atque luctu, omnia compleri.
- ↑ menansi la vita senza grandi onori ec.) Menar la vita vale vivere: e qui è detto menarsi la vita per menar la vita, per proprietà di nostra lingua, che spesso, in luogo del verbo semplice, adopera il neutro passivo.
- ↑ se fanno per ira alcuno malfatto) Malfatto, sustantivamente adoperato, vale delitto, maleficio; ma neppurre oggi il vorremmo usato.