Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/105

54 il catilinario

e di triegue ne facessono molte malvage ingiurie, giammai egli non presono però cagione di tali cose fare: più e maggiormente pensavano che si convenia a loro di fare, che quello che ragionevolmente far si potea. Questo medesimo avete voi a provvedere, o Padri conscritti, acciocchè presso voi non possa più la reità di P. Lentulo e degli altri, che la vostra medesima dignità; e acciocchè alla vostra ira non più provvediate, che alla vostra medesima fama. Se si può trovare degna pena per li lor fatti, io lodo il nuovo consiglio che dato è; ma, se la grandezza del male vince e passa lo ’ngegno di tutti, dico che si debbano servare quelle pene che sono per legge trovate. Assai di coloro, che hanno detto loro sentenzia dinanzi di me, ornatamente e magnificamente hanno lamentato del cadimento della repubblica1, dicendo e numerando che crudeltà sarebbe suta per la battaglia, e ricordando li mali che ne veniano contra li vinti: cioè rapire loro pulcelle; i fanciulli divegliere delle braccia di loro padri; le madri delle famiglie sostenere tutto ciò che fosse piaciuto a’ vincitori; li templi colle case essere rubati; gli tagliamenti2 e gli incendii fatti; alla per fine ogni luogo riempiere d’arme, di corpora, di sangue e di lamento3. Ma veggiamo, per Dio, queste parole perchè dissono. Forse per farvi adirare contra la congiurazione, quasichè cui non movesse così grande e così crudele cosa, la diceria gli accendesse? Non è cosi: nè è niuno uomo, a cui le sue ingiurie pajono piccole; molti l’hanno avute per più gravi che non si conviene. Ma altra licenzia è conceduta, o Padri conscritti, a diversi. Chè coloro, li quali sono bassi, e menansi la vita senza grandi onori e fama4, se fanno per ira alcuno malfatto5, pochi lo sanno, chè lor fama e lor ventura sono eguali; ma quegli, che sono nel grande imperio onorati, e vivono in grande dignità, li lor fatti sa ogni uomo. Sicchè nella loro ventura d’altezza è pochissima licenzia di male: però a tali uomini nè per amistà studiare, nè odiare, ma principalmente adirare non si conviene. Quella, che appresso agli altri è detta ira, nello imperio è chiamata superbia e crudeltà. Io vi dico ben così: che tutti gli tormenti sono minori che la lor colpa. Ma molti uomini si tengono a mente pur la fine e la morte; e verso gli uomini empii, dimenticando i

  1. hanno lamentato del cadimento della repubblica) Cadimento, che propriamente vale il cadere, caduta, qui sta per rovina, sterminio: ma non lo vogliamo lasciar di dire che sì nell’uno e sì nell’altro significato oggi non si vorrebbe adoperare.
  2. tagliamento qui sta per uccisione, strage, come fu adoperato dagli antichi; ma oggi non si vuol più usare.
  3. Questo luogo, bellissimo nel testo, con non minor forza ed evidenza è stato voltato in toscano dal nostro frate; e però ci piace di qui arrecarne le parole latine: Plerique eorum, qui ante me sententias dixerunt, scomposite atque magnifice casum reipublicae miserati sunt; quae belli saevitia, quae victis acciderent, enumeravere: rapi virgines, pueros; divelli liberos a parentum complexu: matres familiarum pati quae victoribus collibuissent; sana atque domos exspoliari; caedem, incendia fieri; postremo armis, cadaveribus, cruore atque luctu, omnia compleri.
  4. menansi la vita senza grandi onori ec.) Menar la vita vale vivere: e qui è detto menarsi la vita per menar la vita, per proprietà di nostra lingua, che spesso, in luogo del verbo semplice, adopera il neutro passivo.
  5. se fanno per ira alcuno malfatto) Malfatto, sustantivamente adoperato, vale delitto, maleficio; ma neppurre oggi il vorremmo usato.