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il catilinario 53

egli poi, spaventato e smosso per la diceria1 di Gajo Cesare, disse che si accordava, e volea andare diritto dopo la sentenzia di Tiberio Nerone2, il quale avea giudicato che la punizione di questa cosa fosse recata a mandargli a diverse fortezze prigioni nel più dentro di loro3. Ma Cesare, poichè fu venuto a lui4, addomandato dal consolo di sua sentenzia, parlò in questa maniera:


CAPITOLO XXXVIII.


Diceria di Cesare in senato per liberare gli presi.


Signori Padri coscritti (a)5, tutti gli uomini, li quali delle cose dubbiose hanno a consigliare, conviene essere liberi da odio e da amistà6, da ira e da misericordia: chè malagevolmente l’animo puote provvedere il vero quando quelle cose lo ’mpediscono; nè niuno uomo, che troppo si lasciò portare alla volontà, obbedì bene alla ragione. Quando tu studierai e ripenserai, lo ’ngegno allora vale assai; se la volontà il possiede e lo signoreggia, ragione d’animo non vale niente. Grande è la copia da potere rimembrare7, o Padri conscritti, quali re e quali popoli per cagione d’ira o di misericordia male consigliarono; ma io voglio piuttosto dire quelle cose, le quali li nostri maggiori contra la disordinata volontà d’animo dirittamente e ordinatamente feciono. Nella guerra macedonica, la quale noi avemmo contra Perse re, la città degli Rodii grande e magnifica, la quale era accresciuta per lo favore e per l’ajuto del popolo di Roma, fu infedele e contraria a noi. Poichè, finita la guerra, fu avuto consiglio degli Rodii, i nostri maggiori, acciocchè altri non dicesse che la guerra fosse per cagione di ricchezza cominciata maggiormente che per la ingiuria ricevuta, si gli lasciarono senza punizione alcuna. Anche in tutte le guerre affricane, conciossiacosachè8 gli Cartaginesi in tempo di pace

  1. spaventato e smosso per la diceria ec.) Smosso, che propriamente vale commosso, qui sta per rimutato, rimosso. Così nel Boccaccio, Nov. 31, 25, leggiamo: Ghismonda non ismossa dal suo fiero proponimento ec.
  2. e volea andare diritto dopo la sentenzia di Tiberio Nerone) Andar dopo vale seguitare, andar dietro o appresso ad alcuno; ma si usa pure in senso metaforico, come in questo luogo, per seguire l’opinione di alcuno e simili. Così nelle Vite de’ SS. Padri: Il quale illuminasti quelle cose che imprima erano oscure, e non ci lasciasti andare dopo la nostra sciocchezza.
  3. Qui il traduttore si discosta al tutto dal testo, le cui parole sono: quod de ea re, praesidiis additis, referendum censuerat.
  4. poichè fu venuto a lui, cioè poichè toccò a lui: chè il verbo venire, oltre a’ tanti e svariati modi e significazioni nelle quali si adopera, e che noi consigliamo di vedere nel Vocabolario, ben si usa pure, e non altrimenti che in latino, per toccare, spettare. Così il Boccaccio: A te viene ora il dover dire.
  5. (cioè senatori).
  6. conviene essere liberi da odio ec., cioè conviene che siano liberi ec. Ma vogliamo avvertire i giovani che questo è uno di quei luoghi dove il traduttore ha voluto troppo secondare il latino, e che però non si vuole imitare.
  7. grande è la copia da potere rimembrare ec.) Rimembrare è lo stesso che ricordare, rammentare; ma oggi meglio si userebbe solo in poesia. Ancora vogliamo che i giovani avvertano che qui il traduttore, forse per seguir troppo il latino, riesce in certo modo sforzato. Nel testo si legge: Magna mihi copia memorandi, patres conscripti, ec.
  8. conciossiacosachè, oggi meglio conciossiachè, qui sta per quantunque.