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86 | Matteo Bandello |
Che darne vita la tua fronte vale.
Che quella senz’uguale 10
Ombrando vita avremo, ed egli ancora,
Come scherzar ne veggia alla dolce òra. 12
V. 7. Noi. Tutta questa seconda parte, poco chiara, va forse (v. 4) intesa così: noi rime, noi versi che cantando te, donna «senz’uguale» al mondo, abbiamo fama e cioè vita, mentre senza di te resteremmo lettera morta.
V. 11. Ed egli ancora, e avrà vita anch’egli, il tuo poeta.
V. 12. Òra, aura vitale e dolce, che spira dalla fronte della Mencia.
XXXI.
Solito procedimento antitetico che — dal Petrarca al Tasso — si fa sempre men destro, finchè diviene uno dei canoni fondamentali della «poetica» del Marino.
Hammi ridotto il mio soverchio ardore
Che ’n un punto son lieto, e malcontento,
Tutto di fuoco, e come neve al vento,
Morto con l’alma, e vivo senza cuore. 4
Dubbia speranza, certo e fier timore,
Gioia di pena mista e di tormento
Fan che più volte l’ora i’ provo e sento,
Come mai non morendo ognor si more. 8
Così mi regge Amor, che s’a quest’alma
Desse solo martir, o gioia pura,
Col peso ne morrei di tanta salma. 11
Ma mentre l’un con l’altro fa mistura,
Morte non può di me portar la palma,
Che se m’impiaga l’un, l’altro mi cura. 14