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84 | Matteo Bandello |
Quell’aurea testa, e dar di sè soggiorno,
8Sì che bellezza, e castità vi fiocchi:
Il portamento pien di leggiadria,
Que’ santi modi fatti in paradiso,
11L’alte accoglienze, il parlar dolce, e schivo:
Mostrar rubini, e perle al suon d’un riso
Con quanta grazia fu giammai, nè fia,
14Son l’esca al fuoco, dov’ardend’i’ vivo.
V. 1. Bel verso d’esordio.
V. 4. Scocchi, tocchi, fiocchi, rime dure e stentate. Assai più agili quelle delle terzine.
V. 5. L'andar celeste, dal son. petrarchesco succitato, tutta la terzina: «Non era l’andar suo cosa mortale», ecc., e altrove: «L’andar celeste», ecc., Canz., CCXIII, v. 7.
Vv. 6-7. Il bel girar intorno, dar di sè soggiorno, zeppe, che guastano quel poco che v’ha di buono.
V. 8. Fiocchi stona coi concetti astratti di «bellezza» e «castità».
V. 12. Riso che dolce suona e scopre le perle dei candidi denti e i rubini delle rosse labbra.
V. 14. Esca, amorosa, la naturale disposizione ad amare; ardend’i’ vivo è il petrarchesco: «Che vivo e lieto ardendo mi mantenne», Canz., CCCXXI, v. 7, dove il gerundio ha valore d’aggettivo, ardente.
XXIX.
È avvinto nel laccio indissolubile della passione per la Mencia.
Benchè la lingua il mio tormento taccia,
Che mi conduce a manifesta morte,
Non è che ’l duol non sia penace, e forte,
4Ma così fa ch’il nodo ognor m’allaccia.
Forza è tacendo ch’i’ mi strugga e sfaccia,
E l’aspro mio martir in pace porte,