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76 | Matteo Bandello |
XX.
Davanti alla Mencia altèra il poeta trema pavidamente, e arde nel tempo stesso d’amore. Tutto il sonetto, costrutto per antitesi con prodigale sfoggio di aggettivi, è esempio d’un virtuosismo petrarchesco, che prelude già, in pieno cinquecento, all’avvento del secentismo mariniano.
S’innanzi ai bei vostr’occhi, Donna, i’ tremo,
Anzi ardo, e son sperando for di speme,
Se lieto, e tristo il cor s’allegra, e geme,
E sente gioia, ed un dolor estremo; 4
Vien dall’amaro, dolce, umil, supremo.
Altiero sguardo, che tant’alto freme,
E chiaro gira, ch’io mi trovo insieme
Di gioia e di dolor, e colmo e scemo. 8
E bench’io viva, e più sovente mora
Nanzi a’ vostr’occhi, come vuol mia stella.
Pur senza quei non posso star un’ora. 11
Anzi mi par che ’l cor da me si svella
Senza il lume, che tant’il mondo onora,
Io perchè ingordo, e voi perchè sì bella. 14
V. 2. Speme, timore, amore, speranza s’urtano nel cuor del poeta. Si noti la ricerca dell’effetto in quest’analisi psicologica minuta, progressiva che dal gioco dei sentimenti varii, e contrari, assurge al contrasto tra il concetto della vita e della morte, vita e morte d’amore.
V. 3. Lieto e tristo, cui corrispondono i verbi «s’allegra» e «geme» e i sostantivi «gioia..... dolor», e così di seguito: «colmo e scemo», «viva... mora».
V. 5. Amaro, dolce, umil, supremo, altiero, ecco cinque aggettivi per uno sguardo, cui seguono due altri aggettivi in funzione avverbiale per: «altamente» e «chiaramente».
V. 8. Colmo, pieno; scemo, privo.
V. 10. Mia stella, la mia sorte.
V. 14. Ingordo, avido. Verso tolto di peso dal Petrarca, Canzoniere, CCXL, v. 14, e caro al Bandello, che lo ripete a chiusa del sonetto seguente.