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68 Matteo Bandello

     Non le mani sottili schiette, e rare,
     Son la cagion, che ’l cuor da me si svelle. 8
Casti pensieri, sol disio d’onore,
     Alta umiltade, e santa leggiadria
     Ch’han messo il seggio alla mia Donna in core, 11
Son le catene ove la vita mia
     Lieta s’intrica con sì bel favore,
     Che di salire al Ciel mi fan la via. 14


Vv. 6-7. Ponno, possono; rare, di raro pregio. Leziosa, ricercata descrizione analitica quale si ritrova in un canzoniere famoso del quattrocento, la Bella mano, di Giusto de Conti di Valmontone.

V. 11. In core alla donna albergano, dunque, pensieri di castità, desiderio di onore, spirito di pura umiltà, di santa leggiadria; attributi tutti che nobilitano, con platonica elevazione, l’amore del poeta.

V. 13. S’intrica, è avvinta da siffatte catene. Anch’egli cioè di salir al ciel diventa degno.

V. 14. Cfr. Petrarca, Canz., CCLXI, vv. 7-8: «Ivi s’impara, e qual è dritta via, Di gir al Ciel che lei aspetta e brama»; cfr. pure ivi, CCCVI, vv. 1-2.


XIII.

Sonetto sacro, rivolto alla Vergine, Madre di Dio. Esso è qui a suo luogo, data la chiusa dove la Vergine è invocata a «soccorso» dei traviamenti umani, particolarmente dei trascorsi d’amore («per Eva») di cui parla nei sonetti precedenti e seguenti.
      L’intrusione di rime d’argomento religioso fra quelle di soggetto amoroso è di consuetudine nei Canzonieri di questo stampo: quello del Petrarca, modello del genere, si conchiude con la Canzone CCCLXVI bellissima, alla Vergine: «Vergine bella che di sol vestita», lauda ed elegia ad un tempo, e «forse — son parole di Tommaso Maculay — il più bell’inno del mondo». Di essa Canzone è qua e là, larvato, il ricordo in questo son. del Bandello.


S’io vuo’ di te cantar, o Diva, s’io
     Delle tue grazie il campo mieter voglio,