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Il Canzoniere 65

ultimo verso, per il quale cfr. v. 14, son. VIII. L’idea centrale, diremo così, è quella dell’incendio chiaro e cioè luminoso, simile a fiamma che ognora arde e incende: e fiamma, fuoco, incendio e incendere, arsura e ardere, sono con quattro o cinque altre parole e idee — quali, potere, dire, discoprire, ricoprire, vedere, mostrare — lo stretto giro chiuso di pensieri e di locuzioni, che bastano al poeta per esprimere la sua amorosa ardente sofferenza, e l’impossibilità di tradurla nel verso: sofferenza ripresa e costretta quasi, nei due versi finali, concatenati dalla rima baciata in martire e soffrire.


X.

Fu tenuto tra i più ben torniti sonetti del Bandello, e stampato, a modello, da F. G. Napione, op. cit., p. 295.
     Amore, è qui personificato: faretrato fanciullo, stanco ormai di ferire, vola in grembo alla Mencia, che lo tratta di traditore maliardo; ond’egli, sbigottito, se ne fugge.

Stanco già di ferir, non sazio Amore
     Volò nel grembo di colei, che suole
     Con duo begli occhi, e angeliche parole
     Di libertate trarmi ognora fore. 4
Ella sentendo il non usato ardore,
     Quell’alme e dive luci al mondo sole
     Chinò sdegnata, e disse: or qui che vuole
     Il falso, lusinghier, il traditore?8
Qual chi col piede il serpe all’improvviso
     Calca, divenne Amor, e sbigottito
     Fuggendo, disse: dove m’era assiso! 11
Non è quello il bel volto al ciel gradito?
     Quei pur son gli occhi, e quell’è ’l vago viso,
     Le mamme, e ’l petto dove i’ fui nodrito. 14


V. 1. Bel verso d’esordio.

V. 4. Fa ripensare al dantesco, rivolto a Beatrice, «Tu m’hai di servo tratto a liberiate» (Parad., XXXI, v. 85).