Così leggiadre, vaghe e sì gentili?
Ov’ha Parnaso sì sonori stili,
Che possino eguagliar questa virtute,
E dirne quanto merta simil grazia? 80Quivi il giudicio con mill’occhi spazia,
E scerne il tutto con le viste acute,
Che fa le lingue mute
Di tant’altezza dir la minor parte,
Che avanza d’ogni ingegno il dir, e l’arte. 85Ma la dolce armonia delle parole
Col perfetto parlar, e saggi modi,
Ch’altro qui suonan che mortai concenti,
Chi fia, ch’a par del ver esalti, e lodi?
Perchè non parla come ogn’altra suole, 90Ma del ciel spirto ragionar tu senti.
Soavi, ben limati, e cari accenti
Empion l’orecchie con sì dolci toni,
Che fan che ’l suono al corpo l’alma involi,
E ch’ella in quelle labbra ratto voli, 95Ond’escon sì purgati e bei sermoni,
Che son pungenti sproni
A trovar la virtù, e seguitarla.
Di cose così belle, e saggie parla.
Chi l’ode, e non le resta servo eterno, 100Uomo non è, che quel soave suono
Fermar i fiumi può, far gir i monti.
E chi dal ciel acquista tanto dono,
Che dinanzi le stia l’estate e ’l verno,
E gusti le parole, e i motti pronti, 105Dirà che d’eloquenza tutti i fonti
Sorgono in questa così freschi, e chiari,
Che senza par faconda Ella si trova.
Indi forza è che l’uomo allor si mova,