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Il Canzoniere | 319 |
XXIII.
Continua le lamentazioni della sestina precedente, paragonando la propria vita ad una nave travolta dalla bufera tra gli scogli.
La si direbbe una prolissa parafrasi del verso dantesco: «Nave senza nocchiero in gran tempesta», Purg., VI, v. 77.
Sestina.
Non percosse giammai fra duri scogli
Nave, da venti combattuta e pioggia,
Nè Giove, irato, folgorando, legno
Con tal ruina svelse in monti e valli,
5Com’or si trova la mia stanca vita,
Che fa, piangendo, duo correnti fiumi.
Rivi, fontane, laghi, mari e fiumi,
Ricche cittati, apriche piagge e scogli,
Non vider mai più sfortunata vita.
10Ovunque io mi rivolgo, un’aspra pioggia
Cade dal cielo, che, per basse valli,
Girami, lasso!, come l’onde un legno.
Senza timone e vela in vecchio legno
Menar mi lascio da veloci fiumi.
15Che, in mezzo d’alti monti, van per valli,
Colmi di pietre, intoppi e d’aspri scogli;
E, balenando il ciel con tuoni e pioggia,
Di morte sfida la mia persa vita.
Afflitta e fuor di speme, la mia vita
20In mar si trova, in disarmato legno,
Ch’ad ogni vento e ogni poca pioggia
E quando van superbi i grandi fiumi.
Spesso mi spigne fra sassosi scogli,
Qual sterpe, che ruina giù per valli.
25Così fuggendo da l’ombrose valli
Entrai, ne l’alto, a l’amorosa vita,