Pagina:Il Canzoniere di Matteo Bandello.djvu/321

318 Matteo Bandello

     Per finir presto questa amara vita.
Or chi vol, cerchi di godersi in vita,
     20E lieto viva notte, giorno e sera.
     Me tanto affligge questo acerbo pianto.
     Che paio un cittadin dei folti boschi,
     N’altro m’avanza più che sol la speme,
     Di chiuder gli occhi con perpetua notte.
25Morta è colei, che sola questa notte
     Può darmi, se mi tronca l’aspra vita,
     Ma sì mi fugge d’ogni ben la speme,
     Ch’io non spero trovar pur una sera,
     Che lieto mi conduca fuor de’ boschi;
     30Ivi son chiuso in sempiterno pianto.
Nè creggio mai finir l’amaro pianto.
     Che più m’affligge ogn’or, e giorno e notte;
     Non vive augel in ramo o fiore in boschi,
     Ch’abbian, di me, più travagliata vita,
     35A cui finisce il giorno innanzi sera,
     Privo di pace, di conforto e speme.
Manca la speme — e cresce ogn’or il pianto,
     E dal mattino a sera, — e poi la notte:
     39Meno mia vita, — come augel di boschi.


V. 4. S’asconde la notte, intendi: il cielo, venuta la notte si nasconde.

V. 7. Fa ripensare al celebre verso petrarchesco: «Solo e pensoso; più deserti campi», Canz., XXXV, v. 1.

V. 8. È, con altra disposizione, un doppione del primo verso.

V. 22. Cittadin dei folti boschi, è il verso petrarchesco: «Poi ch’Amor femmi un cittadin de’ boschi», Canz., CCXXXVII, v. 15.

V. 25. Morta è colei, accenno che potrebbesi anche intendere per la morte della Mencia, ma non confortato da altre allusioni, va piuttosto inteso in senso figurato: morta all’amore, disdegnosa.

V. 31. Creggio, credo.

V. 35. È il petrarchesco: «E compiei mia giornata innanzi sera, Canz., CCCII, v. 8; come già altrove il famoso verso: «Gente cui si fa notte innanzi sera», Trionfo della Morte, I, v. 39.