Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
276 | Matteo Bandello |
Se poi natura cribra, e sceglie fora
Le cose occulte il gran Stagira suona,
14E Marte, in l’arme, e Febo in l’erbe appare.
V. 1. Miracol di natura proclama il versatile, multiforme ingegno dello Scaligero tenuto per tale appunto dai contemporanei.
V. 7. Cinque alme, cinque spiriti, cinque geniali qualità raccolte in un sol uomo.
V. 9. In Elicona, tra i poeti è pari a Virgilio. Allude ai suoi Poemata.
V. 11. Quel d’Arpin, ha di Cicerone il nerbo, il suo vigoroso stile latino. Al C. V dei Canti XI dice precisamente: «Per ch’or con quel d’Arpin contende e giostra».
V. 12. Cribra, vaglia, quale scienziato. Questo verbo è già nel Petrarca, Canz., CXCVIII, v. 4. Il Bandello lo usa pure nelle Novelle, cfr. Dedica, I-29.
V. 13. Il gran Stagira, e cioè lo Stagirita, Aristotile di Stagira. Egli è filosofo che specula nuovi veri, come Aristotile.
V. 14. Marte, Febo, ed è nelle armi e nella poesia un Marte e un Apollo.
CXCIX.
È la Corgnuola che narra a Cesare — a Cesare Fregoso o a Giulio Cesare Scaligero? — che essa fu da Giove fatta stella.
È tra le rime oscure del Nostro, per allusioni a noi indecifrabili.
Erra chi morta, Cesare, mi crede,
Se ben al volgo par che morta sia.
Segno fatto è del ciel la forma mia
4Di maggior stato, e nuovo regno erede.
Che ’l sommo Giove il luogo mi concede,
Che d’Erigone il can teneva pria,
E vuol che ’l Sirio ardente meco stia,
8Che spesso coll’ardor la terra fiede.
Ma per temprar il caldo ch’or sì forte
I vostri corpi stempra, ebbi di grazia