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266 Matteo Bandello

     15E di beltate albergo si ritrova,
     Stassi con sparso crine in nera gonna,
     E sol di lagrimar s’appaga e sazia.
     Tant’in lei doglia il duol ognor rinnova,
     Il duol a cui non giova
     20Altrui conforto: sì l’affligge e sface
     La morte di un figliuol, tal ch’ella suole
     Dall’uno all’altro sole
     Piagnendo sempre priva d’ogni pace
     Starsi, qual neve al sol che si disface.
25Onde chiavate insieme ambo le mani
     Con gli occhi fissi al ciel si lagna e grida
     Tal ch’a pietate il marmo può piegarse.
     E dice sospirando: ahi! sciocchi e vani
     Nostri pensieri, e pazzo chi si fida
     30In ciò ch’ogni momento suol cangiarse!
     Invide Parche e scarse,
     Che ’l caro mio figliuol sì tosto a morte
     Tiraste con sì duro, e orrendo caso,
     Che dall’orto all’occaso
     35Del sol, non fu giammai sì fiera sorte
     Tra quanti qui n’ancide l’empia morte.
Come non potè in me tanto la doglia
     Ch’i’ ne morissi allor ch’i’ vidi il sangue
     Da quelle membra uscir sì caldo fore?
     40I’ vidi, ahimè! la pargoletta spoglia
     D’alto cadendo pallidetta, e esangue
     Restar come tra l’erbe un secco fiore.
     Ben è ver che non more
     Di doglia alcun. I’ pur dovea morire
     45Allor che ’l vidi. I’ pur morir dovea
     Quando mancar vedea
     Il mio caro figliuolo in tal martìre,