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264 | Matteo Bandello |
Ma quanto mai cantai, o piansi, o dissi,
Nulla scemò del fier e immenso ardore,
Che più che pria mi stempra l’alma, e ’l core
8Sì fur tra salde fiamme avvolti e fissi.
Ahi! quanto puote una prescritta usanza,
Ch’i’ son al fine, e non m’avveggio a pena
11Ch’un’ora sol del viver mio m’avanza.
Signor, che trar mi puoi di tanta pena,
Fa che ’n te fermi sol la mia speranza;
14Me tu governa, tu sospingi e affrena.
V. 1. Ardendo io vissi, cfr. primo verso del primo sonetto sopracitato; poi non precisa l’idea come fa il Petrarca, ma dice genericamente moltissimi anni.
V. 4. Discopersi, svelai e scrissi in mille versi.
V. 5. Cantai, piansi, dissi, cfr. Petrarca, Canz., CXXIX, v. 52, e CCLXXIX, v. 5.
V. 11. È il petrarchesco: «A quel poco di viver che m’avanza», Canz., CCCLXV, v. 12.
V. 13. Anche questo è plasmato sul seguente: «Tu [Signor] sai ben ch’in altrui non ho speranza», ivi, v. 14.
CXC.
Delio piange la morte di Dafni.
Sonetto pastorale.
Dunque se’ morto, e resta il caro armento
Privo di guida, o Dafni, in queste piagge;
Ecco che già dall’altre si sottragge
4La vacca bianca piena di spavento.
Di qua fuggir la bionda, e nera sento;
La notte, e ’l dì quell’altra le selvagge
Grotte ricerca, e fier muggiti tragge;