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258 | Matteo Bandello |
CLXXXVI.
Due sonetti encomiastici — questo e il seguente — in lode di un signore magnanimo e dotto, non designato. Crediamo però — per gli attributi che ricorrono identici — di poterlo identificare in Luigi Gonzaga detto Rodomonte, del quale nel Canto I dei Canti XI così dice: «Che ti dirò da poi del lor nipote | Aloise, chiamato Rodomonte? | Questi di forze tanto valse e puote | Che con Alcide stato fora a fronte | Se poi cantava versi in dolci note, | Fra le Muse sedeva in cima al Monte | Fu sacro a Febo, fu compagno a Marte | Come fan fede i gesti e dotte carte». Vanta la sua opera benefica al tempo del sacco di Roma.
Quando ’l valor, e la prodezza vostra
Meco, Signor, i’ penso, dico allora
Questi è sì forte ed animoso ancora,
4Che di par con Alcide in campo giostra.
E s’eloquenza in Voi suoi frutti mostra
Come lo stil sì chiar fa fede ognora,
Ecco allor grido chi le Muse onora,
8E tanto leva in alto l’età nostra.
Le vostre bellicose imprese tali
Son che stancar puon Cirra, e ’l vago dire
11Può torvi a morte, e altrui donar la vita.
Quanto dunque dovete ognor gioire,
Che vostra fama sia con sì bell’ali
14Con Marte e Febo sovra ’l ciel salita!
V. 4. Alcide, Ercole.
V. 10. Cirra, uno dei gioghi di Parnaso.
V. 14. Marte e Febo, come nei versi soprastanti, e come poi nei vv. 3-8 del sonetto seguente.