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Il Canzoniere 253


CLXXXIII.

È la terza, ed ultima, Canzone degli Occhi, in cui esalta la Mencia.


Stancar si può la lingua in dir, begli occhi,
     Le vostre grazie e doti,
     Ma non già tutte, n’io restar mai sazio;
     Ch’un pensier vuol Amor ch’ognor mi fiocchi
     5In mezzo l’alma, e noti
     Cose a lodarvi di gran tempo e spazio.
     Ond’io lodo, e ringrazio
     La sua virtù, che m’ha di Voi sì accenso.
     Che d’altro mai non penso,
     10Nè parlar posso, che di vostra fiamma,
     Benchè ne scriva appena una sol dramma.
Tolto di me v’avete sì l’impero,
     Ch’ad ogni vostra voglia
     Quel di me fate che vi piace, e aggrada.
     15Ed io di Voi contento più non chiero,
     Nè vuo’ ch’altra mai voglia
     Quest’alma, fin che ’l corpo in terra cada.
     Voi di virtù la strada
     Prima m’apriste col tremante raggio,
     20Onde timor non haggio
     Smarrir la via, poi ch’ei m’è fatto guida,
     Tant’è vostr’alma luce chiara e fida.
Per Voi la vita, or non mi spiace, ch’era
     A me noiosa, e a sdegno,
     25Quando viveva peggio assai che morto.
     Occhi beati, senza cui si spera
     Indarno gir al segno,