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Introduzione 23

dei Canti XI ci riuscì di identificare con Luigi Gonzaga detto Rodomonte; a Silvio Savello, cui dice che le gesta umane sono effimere «tele di ragni», se non sono affidate all’immortalità della poesia; a Giulio Romano, con la descrizione di un celebre suo dipinto, con altisonante apostrofe, e con quel fare evocativo che userà poi Giambattista Marino per le opere d’arte della sua poetica Galleria.

Valicate le Alpi, a Valchiusa, al Sorga, ad Avignone rimedita i versi del Petrarca e contempla commosso i luoghi ove egli amò e cantò la bella provenzale. Non lungi da Marsiglia visita, mistico pellegrino, la Sainte-Baume, sacro eremo di Maria di Magdala. E in Francia, dove andò in viaggi e dove rimase poi, morendovi, tutto l’ultimo ventennio della sua vita, ha più volte — come già in Italia — occasione di fare onorevolissimo cenno di un amico insigne, di Giulio Cesare Scaligero, che visse anch’egli, come il Bandello, in stabile dimora ad Agen, e di bruciar incensi al gran re Francesco I, padre di quella celebrata Margherita, alla quale, come si disse, è dedicato ed offerto questo Canzoniere. Con tale dedica e con tale offerta, inspirata da Paolo Battista Fregoso, il Bandello sa di fare cosa gradita alla sua signora e padrona Costanza Rangone-Fregoso che, accolta e riverita in Francia, nel suo esilio vedovile, riconosceva in Francesco I e nelle due Margherite, rispettive di lui figlia e sorella, altrettanti autorevoli protettori e protettrici del suo casato, fieramente percosso dalla fortuna.

Accanto alle sacre e alle encomiastiche, si ritrovano nel Canzoniere in misura preponderante, com’è ovvio, rime d’amore, talvolta anche in veste allegorica; e tutte danno lume alla biografia spirituale del Bandello.