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232 Matteo Bandello

     È la gentil Cecilia, il cui bel canto
     4Non ebbe par giammai, nè trova ancora.
L’alto suo stil sì dottamente infiora,
     E così lima, e ripulisce tanto,
     Ch’ogn’uom l’ammira, e riverisce quanto
     8Il chiaro Tosco, che la Laura adora.
Forse sarà chi Safo par le dica,
     Safo sì dotta, sì famosa, e chiara.
     11Che tra Poeti tiene il luoco anch’ella.
Ceda alla nostra quell’etate antica,
     Che se fu Safo, come dicon, rara;
     14Più casta è questa, nè più dotta è quella.


V. 1. Costei, nominata più sotto Cecilia. Noi sappiamo, per i richiami del Novelliere bandelliano, che nel salotto di Ippolita Sforza Bentivoglia, in un crocchio di letterati, tra i quali è il poeta Niccolò Amanio, un dì si legge un suo sonetto (I-1); che Scipione Attellano, cui è dedicata una novella (I-3) è invitato dal Bandello a farne copia agli amici e a mostrarla «a le [nostre] due Muse, la signora Cecilia Gallerana contessa, e la signora Camilla Scarampa, le quali invero sono a questa [nostra] età duo gran lumi de la lingua italiana». Noi la vediamo poi una sera a cena, mentre il dotto Stefano Dolcino le racconta una novella (I-9); e ai «bagni di Acquario per fortificar la debolezza de lo stomaco,... da molti gentiluomini e gentildonne visitata, sì per esser quella piacevole e vertuosa signora che è, come altresì che tutto il dì i più elevati e belli ingegni di Milano e di stranieri che in Milano si ritruovano sono in sua compagnia... perciò che sempre a la presenza di questa eroina di cose piacevoli vertuose e gentili si ragiona» (I-21). E come questa, altra novella (III-26) è alla presenza di lei narrata. In quella poi a lei dedicata (I-22), assistiamo ad una visita che le fa il Bandello, d’estate, con amici nel suo castello di San Giovanni in Croce nel Cremonese, dove fu con «umanissime accoglienze» ospitato. «Quivi, lasciando voi — si legge nella dedica — i soliti e dilettevoli vostri studi de le poesie latine e volgari, quasi il più del tempo nosco in piacevoli ragionamenti consumaste». L’Attellano narra una novella e il Bandello la descrive e glie ne fa dono pregandola di «accettarla — le dice — come solete tutte le cose a voi dagli amici donate accettare, e farle questo favore di riporla nel vostro museo, ove di tanti uomini dotti le belle rime ed ornate prose