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22 Introduzione

a Lucrezia Gonzaga: ponte di passaggio da questo Canzoniere d’amore ai successivi, amorosi ed encomiastici, i Canti XI.

Elementi personali biografici affiorano in queste rime, benchè imprecisi e discontinui. Si accenna a ripetuti viaggi del Bandello in questa o in quella regione d’Italia, si parla di suoi soggiorni in Francia. Egli visita — ma fissare delle date sarebbe per noi cosa affatto ipotetica — la Toscana, il Lazio, si spinge nell’Italia meridionale. A Roma rievoca i tempi eroici dell’urbe, la tragica fine di Cesare, i trionfi di Scipione Africano; compara l’antica grandezza alla decadenza politica del suo secolo; a Napoli piega il capo, pensoso, sul sepolcro di Virgilio.

Anche elementi encomiastici vi appaiono con qualche frequenza. A Napoli rammenta, con adulazione, il mecenatismo ospitale di Beatrice, regina d’Ungheria, la moglie del valoroso re Mattia Corvino, dalla quale narra di esser stato altra volta salvato da gravissimo morbo con una preziosissima bevanda prodigiosa. E forse a sue non specificate soste in località varie sono da ricollegarsi parecchie delle altre sue rime d’encomio, intercalate alle passionali e sacre: quelle rivolte ad un amico, ad Alessandro Pasolino da Cesena, dove allude vagamente ad una propria caduta da cavallo; a Cecilia Gallerani, che vanta eminente tra le poetesse italiane; a Lucio Scipione Attellano, della cui confortevole amicizia mostra di far gran conto; ad un magnanimo signore innominato, che sappiamo essere — dalla dedica scovata nell’autografo conservato a Modena come indichiamo a suo luogo — il conte Claudio Rangone modenese; ad altro personaggio, pure non dichiarato, che per riscontri con un passo