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222 Matteo Bandello

     Anzi m’ancide pur, che sol io vivo,
     Quando al bel viso arrivo
     Quivi gustando un’incredibil gioia.
     Però s’ancor son vivo
     15Fra tanti strazi, e tant’acerbe pene
     Dal dolce viso, e non d’altronde viene.
Ch’a quel presente mille cose i’ veggio,
     Di cui ciascuna m’apre un paradiso,
     Tra le quai prima, se si mostra il riso,
     20Un mar di perle orientali scopre.
     Ma chi potrà mai dir così preciso
     L’alto tesoro lor, per cui vaneggio
     Così sovente ed altro mai non cheggio,
     Mentre tante ricchezze egli discopre?
     25E se poi l’ostro fin quelle ricopre,
     Miro schietti Rubin, ch’invidia fanno
     Al fiammeggiar di qual si sia Piropo,
     Che l’uno, e l’altro dopo
     Quando sì dolcemente uniti stanno
     30Mi fan veder che uopo
     Amor non ha d’altr’arme a farmi guerra,
     Ch’egli con queste mi saetta e sferra.
Ma come a que’ begli occhi sì soavi
     Volgo l’ingorda e desiosa vista
     35Non vuo’ che di mirarli mai desista;
     Sì dolce m’ardon le midolle e l’ossa.
     Con questi Amor l’imperio in terra acquista,
     E volge d’ogni cor ambe le chiavi,
     Ma più del mio, che vuol ch’arda ed aggravi
     40Questa sol fiamma ad abbruciarmi mossa.
     Per questi quanta in lui dimori possa
     Aperto si conosce, che gli strali
     Indi n’avventa, e tutto ’l mondo abbaglia;