L’angelico concento vago e santo?
Questi pur son i ricchi suoi palagi,
L’aurate logge, i palchi aprici e grati.
Tren’anni in questi boschi in gran disagi 40A quel servìo, a cui servir siam nati:
E quanto lunge fu dalle cittati
Dalle castella e ville,
Dalle sonanti squille,
Tanto più fue appresso 45A quell’in cui lo cor avea già messo.
Che qui più volte il dolce a lei Maestro
Apparve seco stando dolcemente,
E ben che fosse il luogo duro e alpestro
Rideva d’ogn’intorno lietamente. 50Che dove il Re del cielo sta presente,
Appar dolcezza e gioia,
Fugge il martìr e noia;
Ch’a Lui dinanzi mai
Cosa non sta che dia tormento o guai. 55In ogni canto l’aria ancora spira
Di quel favor celeste somma grazia,
E con sì occulta forza a se mi tira,
Che del terrestre mondo l’alma è sazia.
Nè mai fa l’alma stanca 60Anzi l’anima e affranca,
E fa bramar la morte
Per trovar quel ch’aprì del ciel le porte.
D’un certo non so che lo cor s’ingombra,
Che mi fa gli occhi rugiadosi e molli, 65E for del petto arditamente sgombra
Quanti pensier ci son bugiardi e folli.
Parmi che d’ogni banda questi colli
Le quercie, i cerri e i faggi,