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Il Canzoniere | 205 |
Cangiando in gioia il mio doglioso stato,
14Ch’or mi tien gli occhi lagrimosi, e molli.
V. 1. Questi colli, nel sonetto successivo parlerà delle Alpi nevose. Evidentemente sì trova in località per noi non precisabile dell’Alta Italia.
V. 7. Rinfreschi, trattandosi di fiamma l’immagine è ardita; sarebbe anzi puerile o grottesca quando non si intendesse: coi tuoi dardi, quadrella, tu rinnovi, rinfocoli la mia ardente fiamma.
CXLIV.
È tra le Alpi che valica, in viaggio, alla volta della Francia; ne descrive l’orrida bellezza. Anche là lo insegue Amore con la faretra. Il sonetto ha bella efficacia descrittiva ed è tra i migliori del Bandello, specialmente nelle quartine.
Alpi nevose, che le corna al cielo
E quinci, e quindi oltre misura alzate,
E nell’algente verno, e calda estate
4Orride sete di perpetuo gelo:
Tra voi pavento, e mi s’arriccia il pelo,
Ch’al rimbombo che d’acque e sassi fate,
Sì spaventose ognora vi mostrate,
8Che di paura tutto tremo e gelo.
S’al basso miro l’occhio non penètra
L’atra profonda nell’abisso valle,
11Nè all’alto scerno le fumanti corna.
E pur mi veggio ancor dopo le spalle,
Che mi persegue Amor con la faretra,
14Ch’ad ogni passo a saettar mi torna.
V. 1. Corna. È ben detto di certe montagne che slanciano vette ardue al cielo in atteggiamenti e figure, per così dire, ostili.