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204 | Matteo Bandello |
11Che la memoria ancor il cor m’annoia.
Che debbo dunque far se non languire,
Se quel che altrui conforta a me dà noia,
14E di sua man Costei mi fa perire?
V. 8. Solfo eletto, zolfo puro.
V. 9. Rise. È «nemica» e «guerriera» Madonna, ride e deride il poeta.
V. 11. Si avverta il particolare valore eufonico dell’ancor. È verso di stampo dantesco; cfr.: «Che, come vedi, ancor non m’abbandona», Inf., V, 105; cfr.: «Che la dolcezza ancor dentro mi suona», Purg., II, 114. — Il cor m’annoia, mi turba, mi angoscia. Già si disse (Canzoniere, LXXXIX, v. 9, nota) del senso speciale che al verbo noiare e al sostantivo noia danno i poeti, cfr. Dante, Inf., XXIII, 15; Purg., IX, 87.
V. 13. Quel, è quel liquore del v. 3.
CXLIII.
Nuova lontananza del Bandello dalla Mencia. Sulle mosse per valicare le Alpi, le invia una Canzone per esprimerle il suo cocente affetto e per lagnarsi del di lei disdegno.
Ballata.
Chi crederà che sovra questi colli
Carchi di neve e ghiaccio d’ogn’intorno
Arda la notte ed arda ancor il giorno
Da quella lunge, d’onde Amor ti estolli?
5Tu vedi pur che tutto son di fuoco,
E va crescendo ognor l’ardente fiamma,
Che ’n me rinfreschi con le tue quadrella;
Ma non degni, Signor, ch’una sol dramma
Sent’Ella dell’incendio, ov’io m’infuoco
10E l’ardor provi della tua facella.
Che se quant’è leggiadra, vaga e bella
Fosse pietosa, i’ diverrei beato