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Il Canzoniere 199


CXXXVII.

Invocato Apollo nel sonetto precedente, in questo invoca Venere, perchè risani la Mencia, prostrata da febbri.


Queste Viole pallidette, e questi
     Candidi Gigli, e questo Nardo, e Croco,
     Questi Amaranti ardenti come un fuoco
     4Questi purpurei fior lugubri e mesti:
Diva a Te sacro, che nel mar nascesti,
     Ed hai di Pafo il più lodato luoco.
     Il tuo favor, Ciprigna, cerco e invoco,
     8Che sì pietosa a chi ti prega presti.
O bella Dea, la mia leggiadra Donna
     Purga da febbre, e fa che ’l fiero ed empio
     11Maligno ardor non la tormenti omai.
Di bianco marmo un glorioso tempio,
     E di bronzo nel mezzo una colonna,
     14Con l’Idol tuo dorato in cima avrai.


Vv. 1-3. Viole, gigli, amaranti, fiori. Oltre del loro colore tien conto anche del significato simbolico di pallore, di candore, di mestizia, epiteti che ben s’adattano alla Mencia inferma; di altri fiori accenna genericamente o al colore (del croco al color zafferano del suo polline), o al profumo. Il nardo è infatti pianta aromatica.

Vv. 5-6. Diva, Venere nata dalla spuma del mare; detta Ciprigna; Pafo, città dell’isola di Cipro dove Venere riceveva largo culto.

Vv. 12-14. Efficace e sobria la terzina, che evoca al nostro sguardo un bel tempietto pagano di pure linee armoniose.