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Il Canzoniere 197


CXXXV.

Canta i guanti della Mencia, e ne ha invidia perchè sempre a contatto della sua bella mano.
        Sonetto galante e di leziosa smanceria modellato su quello del Petrarca: «O bella man che mi destringi ’l core», Canzoniere CXCIX, v. 1.


Ricchi, leggiadri ed odorati guanti
     Cara coperta al bell’avorio schietto,
     A quelle perle di color eletto,
     4Ch’a perle orientali son sembianti;
Quanto vi degna il ciel a farvi manti
     Di quella bella man, che ’l cor in petto
     Spesso mi strigne, e tal mi dà diletto,
     8Che dolci fa parermi i crudi pianti!
Volentier vosco sorte cangierei,
     Per toccar sempre quella vaga mano,
     11Che di mia vita è l’un sostegno fido.
L’altro è ’l bel lume altiero, umil e piano
     Di que’ begli occhi a me sì dolci e rei,
     14Che d’altro il cor più non appago, o affido.


Vv. 1-4. Versi da accostarsi ai seguenti petrarcheschi, del detto sonetto: «Candido, leggiadretto e caro guanto | Che coprìa netto avorio e fresche rose», ivi, vv. 9-10; e per le dita a quest’altro: «Di cinque perle orïental colore», ivi, v. 5.

V. 5. Manti, più sopra cara coperta.

V. 7. Strigne: stringe, metatesi.

Vv. 9-13. Vosco, con voi, o guanti; l’un, un sostegno è la mano, l’altro lo sguardo di lei; dolci e al tempo stesso rei, cattivi, disdegnosi.