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Il Canzoniere | 179 |
I vaghi specchi, e i fonti chiari e vivi
Faran che disdegnosa diverrete.
5Ma l’uno e l’altro, ohimè! pigliate ad ira,
S’umana e viva rimaner volete.
Gli specchi fan superba chi li mira
8A morte il fonte ch’il contempla tira.
V. 1. A che scopo, perchè andar in cerca degli specchi e dei rivi.
V. 6. Se umana, non disdegnosa e viva, non mutata in fiore, come avvenne a Narciso alla cui favola allude l’ultimo verso. I due aggettivi ben scelti e appropriati sono commentati dai due ultimi versi.
CXIX.
Attimo fuggente di gioia tra tante querule rime.
Ballata.
Qual mai diletto o gioia
Si senta in terra, Amor non è già tale
Ch’al ben ch’or godo dir si possa uguale.
Sì tranquillo è lo stato in ch’io mi trovo
5(Mercè di duo begli occhi)
Che con la speme acquetasi il desire,
Nè tema ho più, ch’indegnità mi tocchi.
Che ciò ch’amando i’ provo
Eternamente il cor mi fa gioire.
10Qual dunque mai martìre
Potrà noiarmi, Amor, s’ancor mortale
12Mi fai gustar quel bel che fa immortale?
V. 1. Qual, qualsivoglia mai.
V. 2. Amor, vocativo, o Amore.
V. 7. Indegnità, l’amore nobilita e pone al riparo da ogni men puro sentimento.
V. 10. Martìre, sciagura, tormento, potrà noiarmi, nel senso detto di darmi angoscia, tædium cordis, cfr. LXXXIX, v. 9, nota, addolorarmi.