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174 | Matteo Bandello |
CXIII.
A Beatrice d’Ungheria. Le rinnova le sue devote azioni di grazie.
Com’è ’l debito eterno, e la mia voglia
Venir a Voi dinanzi non mi lece,
Donna Real, cui diece volte e diece
4Quest’alma debbo e questa frale spoglia.
Si meraviglia ogni uom che tanto i’ soglia
Vostr’altezza lodar, da poi che ’n vece
Di pagar tanto fio, altra più spece,
8Non ho di grazie, che da me si toglia.
Chi sa (vostra mercè) che per Voi vivo,
Mi chiama ingrato, e dice ch’i’ dovrei
11Ove Voi state sempre far dimora.
Se far potessi ciò che far vorrei,
M’avrebbe ancor Sebeto o morto, o vivo:
14Or ch’altro posso che lodarvi ognora?
V. 2. Lece, non mi è lecito.
V. 3. Diece volte e diece, e cioè infinite.
V. 6. Vostr’altezza è il titolo che compete a questa Donna Real.
V. 7. Fio anticamente per feudo, tributo; senza il mal senso attuale di pagar il fio.
Vv. 7-8. Spece di grazie, modo, forma di ringraziamento, di cui io possa far uso, da me si toglia.
V. 13. Sebeto per Napoli.