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Il Canzoniere 169

Son la cagion, che per diritto calle
     Al ciel men volo, e ’l mondo più non curo:
     14Sì mi governa bella Donna e onesta.


V. 6. Basso desir, diparte, allontana da me. In questo è il lato spirituale di quest’amore che nobilita l’amatore, come già più volte si vide.

V. 11. Plastica tutta la terzina; verso quest’ultimo tra i più delicati e belli del Bandello.

V. 12. Diritto calle, nota frase e imagine dantesca.

V. 13. Al ciel men volo: l’amore per la Mencia è dunque inteso come spirituale elevazione.

V. 14. Governa, regge, guida; cfr. «Ma se donna del Ciel ti muove e regge», Purg., I, v. 89.


CVIII.

Sonetto costrutto interamente per antitesi ingegnose sulla falsariga di questo del Petrarca, che, quale esempio tipico di imitazione, riproduciamo per intero. Di esso — che è il CXXXIV del Canzoniere — lasciò detto l’Alfieri: «da ammirarsi più che da imitarsi».

Pace non trovo e non ho da far guerra
     E temo e spero, et ardo e sono un ghiaccio;
     E volo sopra ’l cielo, e giaccio in terra
     4E nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.
Tal m’ha in pregion, che non m’apre nè serra,
     Nè per suo mi riten nè scioglie il laccio;
     E non m’ancide Amor e non mi sferra,
     4Nè mi vuol vivo, nè mi trae d’impaccio.
Veggio senz’occhi e non ho lingua e grido
     E bramo di perir e cheggio aita
     11Et ho in odio me stesso et amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
     Egualmente mi spiace morte e vita.
     14In questo stato son, donna, per vui.

In realtà ebbe molti imitatori, precipui Buonaccorso da Montemagno e Giambattista Marino.


Cieco mi trovo, e veggio in ogni loco,
     E voglio sempre quel che mai non voglio,
     Umile i’ sono, e pieno son d’orgoglio,