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Il Canzoniere 105

E chi l’alabastrina e bianca gola
     Col petto albergo d’onestate vede,
     11Gode quanto di bel quaggiù si move.
Vede beltà senz’arte e fuco sola,
     Come la fece Iddio per farci fede,
     14Ch’ogni in Voi grazia largamente piove.


Vv. 3-4. Di mistura, d’una miscela di ostro (lat. porpora) rosso e di neve, bianco.

V. 6. Perle schiette, candidissimi denti immacolati.

V. 7. Mastra cura, cura maestra e cioè con ogni maestria.

V. 8. Si move, e cioè bella creatura viva.

V. 12. Beltà pura fatta senza lenocinii di sorta, senz’arte, senza artificio, e senza fuco, senza belletti.


LII.

La dimora della Mencia; ne contempla le mura a lui inaccessibili; piange e sospira.
          Edito dal Lami, op. cit., p. 57.


Spesso mi volgo, e intentamente miro
     L’alte, felici e fortunate mura,
     Fatte a colei che adoro sepoltura,
     4Ond’io dolente lagrimo, e sospiro.
E qual si vide mai maggior martiro,
     Che ’l più bel d’ogni bel della natura
     Veder celarmi? Lasso! chi mi fura
     8Di quel bel viso l’aria ond’io respiro?
Mora la crudeltà, mora l’asprezza
     Di ch’è cagion, che non si veggia il sole
     11Di quelle stelle, vita di mia vita.
I’ sento che morrò, se, come suole,