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26 | parte prima |
disse, se non quando avrò ottenuto la pura intelligenza, quando avrò vinto la morte e il dolore, quando avrò spezzata l’eterna catena della trasmigrazione, distrutto per sempre il fatale succedersi delle esistenze.1
Siddhârtha camminò tutta la notte in compagnia di un suo famigliare, che aveva condotto seco. Lasciata la terra dei suoi avi, traversò la città di Ménéya, e all’alba si trovò molto lungi dalla capitale del reame di Kapila. Allora discese da cavallo, e toltisi alcuni ornamenti preziosi, li diede al servo, lo congedò, e dissegli che portasse quelle cose ai parenti in memoria di lui. Quindi, cambiati i ricchi suoi abiti colle rozze vesti d’un povero viandante che incontrò a caso per via, e tagliatisi colla spada i lunghi capelli, seguì tutto solo l’intrapreso viaggio.2
Egli si diresse verso la città, di Vâiçâli,3 per essere istruito nelle dottrine dei brâhmani, dei quali doveva poi diventare ardito oppositore. Era allora in quella città il brâhmano Arâta Kâlâma, reputato dottissimo, e che non aveva meno di trecento scolari. Siddhârtha entrò
- ↑ Lalitavistara. — Bigandet, p. 58.
- ↑ La tradizione pretende di conservare il nome del servo che accompagnava il principe, e anche il nome del cavallo. Il servo si chiamava Chandaka, e il cavallo Kanika o Kantakanam. I pellegrini buddhisti visitavano il luogo dove la leggenda dice che Çâkyamuni lasciasse il servo e il cavallo, per andarsene solo. (V. Beal, Fah-hian, p. 92 e Julien, Hiouen-thsang, ii, p. 330.)
- ↑ Vâiçâli era al nord del Gange, a poca distanza dalla riva sinistra o orientale del fiume Gandaki. Oggidì in vicinanza della antica città, che era la capitale d’un regno dello stesso nome, v’è una piccola città chiamata Bakhra e un villaggio attiguo detto Bassar. Basar, per Basal o Vasal, rammenta il nome dell’antica Vâiçâli (V. de S. Martin, Mémoire analytique sur la carte de l’Asie centrale et l’Inde, p. 114).