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parte prima 23

piere, prevalse e vinse; e decise finalmente d’abbandonare la corte paterna e la città di Kapilavastu. Dopo avere tentato invano di ottenere l’assenso del padre, stabilì di fuggirsene nascostamente, e di notte tempo. Un servo fedele gli allestì il cavallo che lo doveva menar via; e tutto fu pronto per la partenza. Ma prima di lasciare per sempre le paterne mura, volle Siddhârtha rivedere ancora una volta il figliuoletto. Salì negli appartamenti di Gôpâ sua moglie, e trovò la principessa sopra un letto circondata di fiori: ella dormiva, tenendo fra le sue braccia il fanciullino, che riposava tranquillo sul seno materno. Siddhârtha avrebbe dovuto svegliare la giovane sposa per abbracciare il figliuolo, e sapendo che essa avrebbe tentato efficacemente di rimuoverlo dalla risoluzione che aveva presa, rimase perplesso sul limitar della soglia; poi «con uno sforzo, che sarebbe valso a svellere dalle sue radici la più gran montagna della terra» come dice la leggenda, si allontanò senza frapporre indugio. «Se l’amore di padre mi fosse d’impedimento nell’acquisto della Scienza sublime che io ricerco, chi salverà gli uomini dai dolori dell’esistenza?» Ciò detto partì, e montato sul suo cavallo prese la via che menava ai confini del regno di Kapila. Egli aveva allora ventinove anni.

A cominciare da questo punto la vita di Siddhârtha è consacrata tutta a porre in atto quell’idea sublime, che era la salvazione del genere umano. Fin qui lo abbiamo veduto lottare contro sè stesso e contro umane difficoltà; ora incomincia una lotta anche più terribile, quella collo Spirito del male; che con ogni sua forza vuole impedire al figliuolo dei Çâkya di diventare il Buddha, il Salvatore del mondo. Questo maligno genio è chiamato nelle leggende buddhiche Mâra; ed è il Demonio dell’amore,