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22 | parte prima |
di uscire. E colmo l’animo di così fatto amore, concepì l’idea di salvar l’uomo dal dolore che nasce dall’esistenza, e condurlo ad uno stato di quiete e di riposo, dove nol turbasse nè il desiderio del godere, nè il timore del soffrire. A quest’ardua impresa egli votò tutto sè stesso; laonde si decise di lasciare la corte e la famiglia e ogni sua ricchezza; e di fuggire in solitudine a studiare sè e la natura, e meditare la difficile scienza, che doveva insegnare all’umanità la via della salvezza.
Mentre cotale proponimento andava fissando in mente, Gôpâ mise alla luce un fanciullo. Çuddhôdana ne ebbe gran gioia, perchè temeva che già fosse venuto il tempo, nel quale il figliuol suo dovesse farsi religioso. Onde inviò subitamente dei messaggieri al giovane principe, che era lungi in un suo palazzo, per annunziargli come un nuovo vincolo lo legasse oramai per sempre alla famiglia, essendogli nato un figliuolo che era un altro sè stesso. Siddhârtha, all’udire tale novella, conobbe che un grave ostacolo era sorto ad attraversare i suoi propositi, nell’affetto paterno che già sentivasi nascere in seno. Al ritornare dei messaggeri, il re Çuddhôdana domandò loro che cosa avesse detto il principe suo figliuolo, ed essi risposero che aveva esclamato: «Rahula-yato», volendo fare intendere che eragli nato un nuovo oggetto d’amore; per la qual cosa il re di Kapilavastu mise al fanciullo il nome di Rahula.1
Passò ancora qualche tempo, e combattevano nell’animo di Siddhârtha l’amore della famiglia e l’amore dell’umanità; egli domandava a sè stesso se dovesse sacrificare i più cari affetti del cuore al bene de’ suoi simili. Il sentimento della missione, che egli voleva com-